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L’amministratore di condominio ai tempi del Coronavirus (II)

Rosario Calabrese

Economista - Docente universitario - Presidente Nazionale UNAI

L’amministratore, come al solito è solo e abbandonato a se stesso dal legislatore e dal governo

Lo studio dell’amministratore

Queste prescrizioni incombono sul condominio, con particolare riguardo al lavascale dipendente e al portiere ma egualmente incombono sullo studio dell’amministratore: occorre adottare le indicazioni prescritte sia verso i terzi che all’interno dello studio, per i dipendenti.
Stessa accortezza per i rapporti dell’amministratore, quale rappresentante del condominio, datore di lavoro, verso lavascale e portieri.
L’inadempienza comporta responsabilità civili e penali molto importanti.
In ragione dei rischi conseguenti, sino a quando non siano realizzate le raccomandazioni, è consigliabile, ma non obbligatorio, sospendere l’attività.

E’ evidente quindi che, in assenza dei protocolli di sicurezza anticontagio oltre che della sanificazione adeguata dei locali, gli studi professionali devono restare chiusi anche ai dipendenti, oltre che al pubblico, né sarebbe possibile pensare diversamente, vista la responsabilità che ne ricade a carico del datore di lavoro.
Quindi è necessario adottare nel singolo luogo di lavoro le indicazioni di cui all’art. 1, co. 1, n.7, lettera d, in ordine alle attività produttive e alle attività professionali, dove si raccomanda di assumere protocolli di sicurezza anti-contagio e, laddove non fosse possibile rispettare la distanza interpersonale di un metro come principale misura di contenimento, l’adozione di strumenti di protezione individuale.

Il suggerimento è di adottare il lavoro agile, lo smart working, ma i DPCM non ci dicono chi paga.
In questo modo spetta al datore di lavoro, se non è in grado di adeguarsi, sostenere il costo dell’emergenza.
Quindi se si decide in qualche modo di lavorare o di fare lavorare i dipendenti in studio, si assumerà una percentuale di rischio maggiore rispetto ad ieri, in caso di contagio, ovviamente ognuno, consapevolmente, deve fare la propria scelta.
Certo è che occorre ripensare a tutta l’organizzazione del lavoro tradizionale.

Indubbiamente l’adozione dello smart working, comporta un ripensamento della organizzazione del lavoro, oltre che notevoli costi iniziali.
Infatti:

  1. occorre dotare tutti di notebook;
  2. occorre trasferire tutti i dati in Cloud;
  3. occorre acquistare una versione nuova del gestionale con maggiori costi.

Occorre inoltre valutare che:

  1. non tutti i collaboratori hanno a casa una connessione di rete adeguata;
  2. occorre sopportare costi per istruirli su come si lavora da remoto.

Ci sono inoltre problemi oggettivi:

  1. chi controlla il risultato prodotto?
  2. chi controlla che il tempo dedicato dal collaboratore davanti al p.c. sia davvero solo per lavorare e non anche, ad esempio, per chattare?

Esiste poi un problema di prospettiva:

  1. quello dell’amministratore è un rapporto di relazione e coordinamento che necessita di un rapporto stretto con collaboratori e condomini, ma anche di decisioni tempestive e cambi di rotta, da coordinare con lo staff;
  2. per lavorare a distanza occorrerebbe digitalizzare gli archivi, con tempi che non sono immediati e indolori, comunque la carta è indispensabile;
  3. trasferire tutta l’attività in Cloud e in smart working comporta costi notevoli quando, fra breve si spera, l’epidemia finirà come si farà a rientrare dell’investimento?

A riguardo va però considerato che un investimento in software ed attrezzature, se considerato solo dal punto ragionieristico di spesa a breve significa tirar fuori dei soldi e basta, se considerato in una ottica imprenditoriale diventa un investimento che può portare dei vantaggi:

  1. non ho più bisogno di un ufficio grande, poiché la maggior parte dei dipendenti lavora da casa;
  2. i documenti digitalizzati sono disponibili tutti e in Cloud, ce li possiamo anche scambiare o condividere;
  3. i pagamenti gestiti con mav eliminano l’incasso in ufficio e finalmente ci evitiamo l’andirivieni di condomini;
  4. i dipendenti che lavorano da casa gestiscono liberamente il loro tempo, possono occuparsi di anziani e bambini, guadagnano di più poiché non spendono soldi né per spostamenti né per baby sitter e badanti;
  5. alla fine della “fiera” c’è possibilità che il rendimento dell’ufficio aumenti e i dipendenti abbiano un produttività maggiore, visto che non devono trascinarsi in ufficio, ogni giorno, con tutte le proprie preoccupazioni.

Per il contatto con i dipendenti è sufficiente una piattaforma di video conferenza e il coordinamento sarà efficiente e garantito.

Le scadenze e le prospettive

Nonostante il governo, nei suoi decreti, abbia totalmente dimenticato il condominio, il condominio non dimentica se stesso e l’amministratore.
Il problema, anche solo per l’ordinaria amministrazione sono l’assemblea (come e quando farla) ma anche i versamenti da parte dei condomini. Si pone infatti l’esigenza materiale di poterli effettuare.
Proseguendo l’emergenza in Aprile e Maggio, potrebbero mancare anche i soldi e non la buona volontà. Servono dall’alto scelte difficili e lungimiranti.
Ci auguriamo che il Governo riesca a rimandare tutte le scadenze per qualche mese in modo da lasciare liquidità sui conti per poter sostenere tutti e ripartire!
Noi, nel ns. piccolo, dovremo fare tutto ciò che è alla nostra portata, ma usando buonsenso e intelligenza.
Si è fatto in questi giorni un gran parlare di assemblea online. Qualcuno ha proposto anche soluzioni fantasiose e al contempo pratiche: sicuramente ci sarà qualcuno che pensa di pianificare le assemblee davvero urgenti, in questo modo.

Occorre stare attenti infatti, attuando le soluzioni proposte, io vedo solo assemblee, quantomeno, annullabili.
Fare l’assemblea in videoconferenza non è vietato, ma questo non vuol dire che sia possibile: occorre renderlo possibile.
Cosa che non si fa in modo improvvisato.
Occorrerà un po’ di tempo per prepararci e preparare i condomini, ma se il governo non interviene a spostare i termini degli adempimenti obbligatori, sarà un modo per dimostrare ai condomini che, almeno ci abbiamo provato ad adempiere ai nostri obblighi, entro gg. 60 indicati dal Codice.
Per quanto mi riguarda sto preparando una guida che aiuti a risolvere tutti (spero) i problemi di una video-assemblea, suggerendo delle soluzioni che siano pratiche, ma in linea con l’ordinamento vigente.

Per fare un esempio: definito dall’amministratore lo standard per la video conferenza, i condomini si devono uniformare (esempio Zoom o Skype o Google).
Quanti sono in grado di uniformarsi con il proprio computer? Hanno tutti il computer? etc? Penso alle persone anziane che di sera non vengono all’assemblea in parrocchia, vicino a casa, figuriamoci collegarsi con il PC, o con l’applicazione Meet di Google installata sul telefono.
Occorre trovare delle soluzioni esperibili. L’accesso all’assemblea deve essere garantito a tutti anche a coloro che non hanno competenze informatiche purché sappiano usare il telefono.

Le problematiche connesse sono tante, ma solo alcune sono state prese in esame. Quindi andiamoci cauti prima di fare gli iper-modernisti!
Non è colpa dell’amministratore se sono vietate le assemblee e gli assembramenti.
La video-assemblea è una possibilità?
Certo, ma allora deve essere il legislatore a scriverlo, in un DPCM, con chiarezza e indicandone le modalità.
Sappiamo tutti che qualsiasi cosa faccia, per quanto possa prodigarsi nell’interesse dei condomini, l’amministratore sarà sempre attaccato, almeno dal Pierino di turno, e “messo in croce”.

E’ inammissibile che il luogo dove vive la stragrande maggioranza degli italiani, il condominio, sia ignorato e il “santo” che fa funzionare questo complesso istituto, l’amministratore, debba essere “crocifisso”, invece che “beatificato”.
Pretendiamo rispetto e considerazione.
Abbiamo bisogno di un’autorizzazione esplicita a tenere aperto lo studio.
Le attività professionali non sono sospese. Occorre dichiarare il proprio ruolo professionale, per non creare errati convincimenti in chi controlla.
Suggerisco di mostrare anche la tessera di iscrizione all’associazione di categoria, oltre al proprio documento personale.

Non guasta neppure portare il verbale di nomina, nel caso di accesso al condominio, per consentire a chi controlla di verificare la veridicità delle dichiarazioni rese.
Detto ciò, ovviamente, ciascuno ha una percezione individuale dei problemi.
Le assemblee sono importanti ma ancor più importante è la nostra e l’altrui salute.
Quello che abbiamo di fronte è una situazione ignota che richiede di adottare le difese più opportune.
L’esperienza cinese narra che il virus è in noi e che si ferma se noi ci fermiamo.

Là sono bastati due mesi a fermare il contagio. Qui da noi non lo sappiamo perché le occasioni di contagio non si riescono a fermare con la stessa facilità.
Certo dopo la pandemia nulla sarà più come prima e anche noi amministratori dobbiamo approfittare di questa occasione per migliorare ed evolverci.
E’ altresì indispensabile un intervento legislativo che proroghi le scadenze obbligatorie sancite dagli artt. 1130 e 1135 c.c.. Affrontare bene questo problema può essere una vera rivoluzione copernicana.

Il legislatore deve smetterla di ignorare il mondo del condominio, ma soprattutto deve prendere atto della centralità della nostra figura professionale e darci il giusto riconoscimento che meritiamo.



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