
Tribunale di Milano: Rassegna di giurisprudenza
Fonte: Contributo pervenuto daAvv.ti Francesca Pizzagalli e Nicola A. Maggiostudio legale associato |
L’amministratore deve, anche in assenza di delibera, chiedere la demolizione di una sopraelevazione realizzata non a regola d’arte.
Il Tribunale di Milano (Trib. Mi., sez. XIII, 20 febbraio 2019, dott.ssa Fazzini) si è pronunciato di recente in favore della legittimazione dell’amministratore ad agire in giudizio – anche senza una preventiva assemblea autorizzativa – per chiedere la demolizione di una sopraelevazione non realizzata a regola d’arte, perché pregiudizievole dell’estetica e della statica dello stabile condominiale.
Nel giudizio, la parte convenuta(chiamata a demolire l’opera) aveva eccepito il difetto di legittimazione dell’amministratore, perché secondo la propria prospettazione difensiva, trattavasi di attività non rientrante nei doveri previsti dall’art. 1130 cod. civ..
Come noto infatti l’art. 1130 cod. civ. pone in capo all’amministratore di condominio numerosi doveri, tra i quali, per quanto qui interessa, il dover «compiere atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio».
Il Tribunale di Milano, richiamando un orientamento della Cassazione del 2017, rigettava l’eccezione preliminare formulata dalla convenuta perché «l’amministratore è legittimato senza necessità di autorizzazione dell’assemblea dei condomini a instaurare il giudizio per la demolizione della sopraelevazione dell’ultimo piano dell’edificio, costruita dal condomino alterandone l’estetica della facciata, perché tale atto, diretto a conservare l’esistenza delle parti comuni condominiali, rientra tra quelli conservativi dei diritti di cui all’art. 1130, n. 4, c.c.».
Il precedente citato nella motivazione della sentenza (Cass. civ., sez. II, 24 luglio 2017, n. 18207, rel. Picaroni) aveva precisato, infatti, che «gli atti conservativi di cui all’art. 1130 c.c., non si esauriscono […] nelle azioni cautelari, ma si estendono alle azioni a tutela dello stato di godimento della cosa comune purché non importanti una possibile disposizione della stessa e non c’è dubbio che […] l’azione finalizzata a tutelare il decoro architettonico dell’edificio da alterazioni rientri nel paradigma indicato».
Si tratta di un potere riconosciuto in capo all’amministratore da orientamenti risalenti nel tempo, quanto meno a partire dalla fine degli anni ‘60, dove la Cassazione già aveva avuto modo di riconoscere la legittimazione dell’amministratore per conseguire la rimozione delle modifiche alla facciata dell’edificio, che importino l’alterazione dell’estetica (Cass. civ., sez. II, 21 marzo 1969, n. 907); si richiama altresì una pronuncia a Sezioni Unite della metà degli anni ’80 dove fu riconosciuta la legittimazione per rimuovere una sopraelevazione realizzata in violazione delle prescrizioni e delle cautele fissate dalle norme speciali sismiche (Cass. civ., SS. UU., 8 marzo 1986, n. 1552).
Da quanto sopra, risulta di palmare evidenza che uno degli elementi essenziali del mandato conferito all’amministratore è proprio quello di custodire (ovvero “prendersi cura” de) la cosa comune con la diligenza del buon padre di famiglia, con il conseguente riconoscimento di tutti i poteri/doveri per rendere effettivo il contenuto di tale mandato professionale.
Ovviamente, tale potere/dovere rimarrà sempre confinato negli atti meramente conservativi e non potrà certo essere esteso ad azioni sulla titolarità, contenuto e tutela dei diritti reali dei condomini; in quanto non è consentito al mandatario andare oltre la mera “custodia”, compiendo atti di natura dispositiva del diritto di proprietà, i cui unici titolari restano i singoli.