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Responsabilità dell’amministratore di condominio per i contratti eccedenti i suoi poteri

Rosario Calabrese

Economista - Docente universitario - Presidente Nazionale UNAI

 

Il Codice delimita in maniera marcata i confini fra le attribuzioni dell’assemblea e quelle dell’amministratore.
Capita talvolta, invece che l’amministratore travalichi le sue competenze e si arroghi attribuzioni che sono proprie dell’assemblea.
Fatto salvo quanto sancito dall’art. 1135 c.c. co 2, resta da capire cosa accade quando l’amministratore eccede i suoi poteri codicistici e quali le responsabilità connesse.  

 

Attribuzioni dell’amministratore e dell’assemblea

L’art. 1130 c.c., rubricato “attribuzioni dell’amministratore”, nei suoi primi, e più risalenti, quattro punti dell’elenco poi notevolmente ampliato dalla Riforma del 2012, affida all’amministratore il compito di:

  1. a) eseguire le deliberazioni dell’assemblea dei condomini e curare l’osservanza del regolamento;
  2. b) disciplinare l’uso delle cose e dei servizi comuni così da assicurare il godimento a ciascuno dei) partecipanti al condominio;
  3. c) riscuotere dai condomini i contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea;
  4. d) compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio.

L’art. 1135 comma 1 n. 4, c.c. affida, per contro, all’assemblea l’attribuzione di provvedere alle opere di manutenzione straordinaria e alle innovazioni.

 

Spese ordinarie e straordinarie

L’elemento distintivo dell’ordinaria amministrazione della spesa di manutenzione, come tale sottratta al presupposto autorizzativo dell’assemblea e affidata all’amministratore, risiede, al pari di quanto si sostiene per le amministrazioni commerciali, nella normalità dell’atto di gestione rispetto allo scopo dell’utilizzazione e del godimento dei beni comuni (Cass. 25 maggio 2016, n. 10865). Tale “normalità”, ovvero la non particolare consistenza dell’onere economico derivante dall’atto gestorio, va valutata avendo riguardo non alla singola voce di spesa, ma all’intervento complessivamente  approvato (Cass. 17 agosto 2017, n. 20136).

In tale prospettiva, i contratti conclusi dall’amministratore nell’esercizio delle sue funzioni ed inerenti alla manutenzione dell’edificio o all’uso normale delle cose comuni, sono vincolanti per tutti i condomini in forza dell’art. 1131 c.c., nel senso che giustificano il loro obbligo di contribuire alle spese. Laddove si verta, invece, in ipotesi di spese che, seppure dirette alla migliore utilizzazione di cose comuni o imposte da sopravvenienze normative, comportino per la loro particolarità e consistenza un onere economico rilevante, superiore a quello normalmente inerente alla gestione, l’iniziativa contrattuale dello stesso amministratore, senza la preventiva deliberazione dell’assemblea, non è sufficiente a fondare l’obbligo dei singoli condomini, salvo che non ricorra il presupposto dell’urgenza nella fattispecie considerata dall’art. 1135, comma 2, c.c.

Rientra, nella specie, tra le competenze dell’assemblea la determinazione dell’importo e della scadenza delle obbligazioni da assumere con riferimento alle spese necessarie per la conservazione ed il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni, pur amplificate le accezioni con cui oggi si intendono le parti comuni ed i servizi condominiali, alla luce degli evoluti bisogni dei partecipanti (Cass. 17 agosto 2017, n. 20136; Cass. 21 febbraio 2017, n. 4430).

Viceversa, l’erogazione delle spese di manutenzione ordinaria o relative ai servizi comuni essenziali, non richiede nemmeno una preventiva approvazione dell’assemblea dei condomini, trattandosi di esborsi dovuti a scadenze fisse e ai quali l’ammi-nistratore può provvedere già in base ai suoi poteri, e non indispensabilmente come esecutore delle delibere assembleari.

L’approvazione delle spese ordinarie è richiesta unicamente in sede di consuntivo, giacché solo con questo si accertano poi le spese e si approva lo stato di ripartizione definitivo, che legittima l’amministratore ad agire contro i condomini morosi per il recupero delle quote poste a loro carico. Una volta terminato l’esercizio cui le spese si riferiscono, l’amministratore deve agire contro i condomini morosi non più in base allo stato di ripartizione delle spese approvato con il preventivo, ma appunto in base al consuntivo della gestione annuale (Cfr. Cass. 11 gennaio 2017, n. 454; Cass. 12 febbraio 1993, n. 1789; Cass. 18 agosto 1986 n. 5068; Cass. 23 maggio 1981 n. 3402). Rispetto alle spese ordinarie, l’approvazione del consuntivo funziona, quindi, non come presupposto costitutivo dell’efficacia obbligatoria del contratto concluso dall’amministratore col terzo fornitore, ma soltanto come condizione di esigibilità per la riscossione delle spese preventivate nei confronti dei singoli condomini.

La stipula, in nome e per conto del condominio, di un contratto di appalto attinente a lavori ed opere sulle parti comuni dell’edificio condominiale, nei limiti della manutenzione ordinaria, rientra, dunque, tra le attribuzioni dell’amministratore, e quindi non richiede l’apposita preventiva deliberazione dell’assemblea dei condomini.

Occorre invece l’autorizzazione dell’assemblea (o, comunque, l’approvazione mediante sua successiva ratifica), e con la maggioranza prescritta dall’art. 1136, comma 4, c.c., ove l’appalto consista in riparazioni straordinarie, ovvero di notevole entità.

Non rientra tra i compiti dell’amministratore di condominio neppure il conferimento ad un professionista legale dell’incarico di assistenza nella redazione del contratto di appalto per la manutenzione straordinaria dell’edificio, dovendosi intendere tale facoltà riservata all’assemblea dei condomini (Cass. 17 agosto 2017, n. 20136).

 

I maggiori poteri conferiti all’amministratore dal regolamento o dall’assemblea

L’assemblea può poi delegare tanto l’amministratore, quanto un condomino, a contrarre, come rappresentante del condominio, obbligazioni nei confronti di terzi, fissando i limiti dell’attività negoziale da svolgere.

In particolare, un’apposita norma regolamentare o deliberazione dell’assemblea può validamente conferire all’amministratore un potere rappresentativo, volto ad assumere obbligazioni per conto del condominio, in misura eccedente dalle competenze ordinarie, purché sempre attinente alla sfera delle cose e dei servizi comuni. In base all’art. 1136, comma 4, c.c., le deliberazioni concernenti le liti attive e passive che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore devono essere approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio; questa è allora la maggioranza occorrente altresì per il conferimento assembleare dei maggiori poteri all’amministratore (Cass. 5 settembre 1970, n. 1124). In ogni caso, la delibera che affidi all’amministratore il compimento di singoli atti di straordinaria amministrazione richiede la maggioranza prevista per l’approvazione di tali atti (C.M. BIANCA, Diritto civile, 6, La proprietà, Milano 1999, 522.)

I maggiori poteri conferiti all’amministratore dall’assemblea o dal regolamento non possono però presumersi noti ai terzi, sicché chi contragga con l’amministratore in affari che esorbitano dalle attribuzioni riservate dall’art. 1130 c.c., ha facoltà di esigere che questi giustifichi i suoi poteri a norma dell’art. 1393 c.c. (L. RIZZI, V. RIZZI, Il condominio negli edifici, vol. II, sub art. 1131, VIII ediz., Bari 1978, 380).

ra i maggiori poteri che l’assemblea o il regolamento possono conferire all’amministratore per la rappresentanza nel condominio, sempre in relazione alle cose comuni, rientrano, indicativamente, quelli finalizzati alla conclusione, in nome e per conto del condominio, di un contratto d’appalto per la manutenzione straordinaria dell’edificio (Cass. 22 novembre 1990, n. 11272); sebbene l’assemblea, pur autorizzando l’amministratore a stipulare l’appalto, possa sempre riservarsi l’approvazione di talune clausole (Cass. 22 febbraio 1997, n. 1640).

Esula ovviamente dalle capacità deliberative dell’assemblea la delega all’amministratore per l’assunzione di obbligazioni inerenti ad affari estranei alla gestione della parti comuni, e piuttosto coinvolgenti i diritti esclusivi dei singoli condomini, ovvero interessi che non possono essere disciplinati con il metodo collegiale e con il principio di maggioranza. L’eventuale legittimazione dell’amministratore a stipulare contratti per la gestione delle situazioni personali spettanti ai condomini potrebbe trovare, a ben vedere, il proprio fondamento in un mandato appositamente conferitogli dai singoli proprietari per le rispettive porzioni, e giammai in una delibera dell’assemblea (Cass. 8 marzo 2017, n, 5833, cit.; Cass. 12 febbraio 1981, n. 869; in dottrina, G. BRANCA, Comunione Condominio negli edifici, in Comm. cod. civ. a cura di A. SCIALOJA e G. BRANCA, artt. 1100 – 1139, VI ed., Bologna – Roma 1982, 590).

Ancor più in generale, l’assemblea può giungere fino ad autorizzare l’amministratore a delegare le proprie funzioni di rappresentanza, sostanziale e processuale, ad un terzo: ciò come conseguenza della possibilità che ha ogni mandatario di avvalersi dell’opera di un sostituto, salvo che il divieto sia espressamente stabilito, o che si tratti di incarico affidato intuitu personae (Cass. 22 luglio 1999, n. 7888; contrari alla delegabilità del mandato da parte dell’am-ministratore L. RIZZI, V. RIZZI, Il condominio negli edifici, cit., vol. II, 378, i quali ammettono, piuttosto, che l’assemblea possa di volta in volta conferire per un determinato atto la rappresentanza ad un condomino o ad un terzo, che non siano l’amministra-tore).

Viceversa, laddove un soggetto, che non sia né condomino, né amministratore, richieda ad un prestatore d’opera di eseguire lavori in un edificio condominiale, si è in presenza –  esclusa al riguardo la configurabilità del contratto in favore del terzo, per difetto dell’essenziale requisito dell’interesse dello stipulante – o di un rappresentante senza potere, o di un semplice nuncius, ferma restando la facoltà del condominio di ratificare, pure per facta concludentia (ad esempio, facendo eseguire i lavori), l’operato del rappresentante senza potere, in tal modo liberando quest’ultimo da ogni responsabilità nei confronti della controparte ed assumendo in proprio le obbligazioni derivanti dal contratto (Cass. 6 aprile 2004, n. 6721).

Il contratto concluso dall’amministratore eccedendo dalle sue attribuzioni

Allorché l’amministratore assuma l’iniziati-va di stipulare un appalto senza dotarsi, quando gli occorra, della autorizzazione dell’assemblea, in cui siano state descritte le opere da realizzare e sia stato designato l’appaltatore, quest’ultimo non vedrà consacrato l’obbligo dei singoli condomini di partecipare alle spese derivanti dall’esecuzione dei lavori. Altrimenti, si sostiene in dottrina (L. SALIS, Il condominio negli edifici, in Tratt. dir. civ. it. diretto da F. Vassalli, V, 3, Torino 1950, 195), ove l’amministratore abbia ordinato lavori di manutenzione straordinaria senza autorizzazione da parte dell’assemblea, uno qualunque tra i condomini potrebbe ricorrere all’autorità giudiziaria (art. 1133 c.c.) per chiedere la sospensione dei lavori fino alla deliberazione dell’assemblea al riguardo; l’inadempimento dell’amministratore potrebbe poi essere considerato dall’assemblea giusto motivo per disporne la revoca dall’incarico. Se però i lavori di manutenzione straordinaria fossero, in ogni caso, utili o necessari, secondo i principi del mandato (artt. 1708 e 1711 c.c.) i condomini dovrebbero rimborsare l’amministratore delle spese sostenute e rilevarlo dalle obbligazioni assunte.

Per converso, giacché i limiti al potere rappresentativo dell’amministratore sono posti nell’esclusivo interesse del condominio, il loro eventuale superamento nel contratto concluso non può mai essere fatto valere dal terzo contraente.

Non trova, comunque, applicazione in ambito condominiale, proprio per la chiara divisione dei poteri riservati all’amministratore e all’assemblea, il principio – invece accettato per le società – che si preoccupa di lasciar valido l’atto irregolarmente compiuto dall’amministratore nei confronti dei terzi che abbiano ragionevolmente fatto affidamento sull’operato e sui poteri del rappresentante dell’ente. E ponendo gli artt. 1130 e 1131 c.c. norme limitative di carattere generale del potere rappresentativo dell’amministratore, di cui può presumersi la conoscenza ad opera del terzo che negozi con una gestione condominiale e la cui ignoranza avrebbe potuto essere superata attraverso l’uso della normale diligenza, non appare neppure configurabile un affidamento incolpevole di quello nella validità ed efficacia del contratto agli effetti dell’art. 1338 c.c. (Cass. 17 agosto 2017, n. 20136; Cass. 7 maggio 1987, n. 4232).

Ciò significa, in definitiva, che:

  1. Il contratto concluso col terzo creditore dall’amministratore eccedendo dalle sue attribuzioni è inefficace nei confronti del condominio e non determina alcun obbligo a carico dei singoli condomini;
  2. L’eventuale superamento dei limiti al potere rappresentativo dell’amministratore non può comunque essere fatto valere dal terzo contraente;
  3. Ove sia mancata la necessaria preventiva approvazione della spesa straordinaria, l’assemblea può tuttavia procedere alla ratifica della stessa, così determinando l’efficacia del contatto con efficacia retroattiva;
  4. La delimitazione legale del potere rappresentativo dell’amministratore, contenuta negli 1130 e 1131 c.c., esclude che il terzo possa far valere una responsabilità colposa del condominio per aver tenuto un comportamento tale da ingenerare il ragionevole convincimento che all’amministratore fosse stato effettivamente conferito il relativo potere, sul quale il terzo stesso avesse in buona fede fatto affidamento; del pari, tale delimitazione normativa delle attribuzioni dell’amministratore impedisce di poter riconoscere la responsabilità del falsusprocurator ex art. 1398 c.c. verso il terzo, con il quale abbia contrattato senza avere i poteri rappresentativi, dovendo il terzo contraente, per ottenere il risarcimento del danno, provare di avere confidato senza sua colpa nella validità del contratto;
  5. l’amministratore è comunque responsabile contrattualmente nei confronti dei condomini per i danni cagionati dal cattivo uso dei poteri e, in genere, da qualsiasi inadempimento degli obblighi legali o regolamentari. La rilevanza delle violazioni dell’amministratore rispetto alla cura degli interessi del gruppo si esaurisce, tuttavia, nei rapporti interni con il condominio. D’altra parte, alla responsabilità contrattuale dell’amministratore nei confronti dell’insieme dei condomini può astrattamente cumularsi una responsabilità extracontrattuale dell’amministratore stesso nei confronti dei terzi.

I lavori di carattere urgente

L’amministratore è comunque abilitato ad ordinare lavori di manutenzione straordinaria aventi carattere di urgenza, dovendo, in questo caso, riferirne nella prima assemblea. L’adempimento di tale obbligo di riferire all’assemblea, in ogni caso (non presupponendo la ratifica di un atto esorbitante dal mandato, ma solo l’attuazione del dovere generale di rendere conto della gestione ai condomini), neppure condiziona il diritto dell’amministratore al rimborso delle spese riconosciute urgenti, nei limiti in cui il giudice le ritenga giustificate (Cass., 19 novembre 1996, n. 10144). Allorché, invece, l’assemblea intendesse ratificare, e di conseguenza approvare, le spese straordinarie, prive dei connotati di indifferibilità ed urgenza, effettuate dall’amministratore senza preventiva autorizzazione, surrogando in tal modo la mancanza di una preventiva di delibera, sarà necessaria la contestuale predisposizione del fondo speciale, ovvero il frazionamento dello stesso se il contratto preveda pagamenti in relazione agli stati di avanzamento approvati (art. 1135, comma 1, n. 4, c.c.).

Secondo Cass. 17 agosto 2017, n. 20136 “il terzo, che abbia operato su incarico dell’amministratore, può dedurre che la prestazione da lui adempiuta rivestisse carattere di urgenza, valendo tale presupposto a fondare, in base all’art. 1135, ultimo comma, c.c., il diritto dell’amministratore a conseguire dai condomini il rimborso delle spese nell’ambito interno al rapporto di mandato”.

Ad avviso, invece, di Cass. 2 febbraio 2017, n. 2807, “nel caso in cui l’amministratore, avvalendosi dei poteri di cui all’art. 1135 comma 2 c.c., abbia assunto l’iniziativa di compiere opere di manutenzione straordinaria caratterizzate dall’urgenza, ove questa effettivamente ricorra ed egli abbia speso, nei confronti dei terzi, il nome del condominio, quest’ultimo deve ritenersi validamente rappresentato e l’obbligazione è direttamente riferibile al condominio. Laddove invece i lavori eseguiti da terzi su disposizione dell’amministratore non posseggano il requisito dell’urgenza, il relativo rapporto obbligatorio non è riferibile al condominio, trattandosi di atto posto in essere dell’amministratore al di fuori delle sue attribuzioni, attesa la rilevanza “esterna” delle disposizioni di cui agli artt. 1130 e 1135 comma 2 c.c. (Cass. 6557/2010)”.

La questione è dunque: un terzo si vanta creditore del condominio, assumendo che l’amministratore abbia efficacemente contratto un’obbligazione nei suoi confronti, avendo ordinato lavori di manutenzione straordinaria che rivestivano carattere urgente. Il condominio convenuto contesta, però, che i lavori rivestissero tale carattere di urgenza, ed allega che l’amministratore non abbia mai reso il conto della sua gestione ai condomini e che l’assemblea non abbia comunque mai ratificato quella spesa. Altrimenti, la pretesa di pagamento del terzo creditore nei confronti dei condomini per i lavori straordinari arriva prima ancora che l’amministratore abbia sottoposto la spesa urgente al controllo dell’assemblea, o alla verifica giudiziale, per ottenere il rimborso delle anticipazioni sostenute.

Dell’urgenza, di cui all’art. 1135, comma 2, c.c., vuole quindi avvalersene il terzo creditore per chiedere il riconoscimento del proprio diritto in un giudizio promosso nei confronti del condominio, rappresentato semmai da quello stesso amministratore che aveva premurosamente ordinato i lavori.

Ora, l’amministratore che ordina lavori di manutenzione straordinaria urgenti non compie l’atto nell’esercizio del mandato conferitogli dall’assemblea, avvalendosi, in realtà, di una facoltà che gli attribuisce la legge e che trova la sua ratio nell’urgenza, e cioè nell’impossibilità di provvedere utilmente alla spesa da parte dell’organo che è ordinariamente precostituito a disporre tali opere (art. 1135, comma 1, n. 4, c.c.). Anzi, è da ritenere che l’assemblea possa approvare un regolamento che sottragga all’amministratore questa facoltà, non rientrando l’art. 1135 c.c. tra le disposizioni che il comma 4 dell’art. 1138 c.c. definisce inderogabili.

Va chiarito come l’amministratore ha il “potere”, e non il “dovere” di disporre immediatamente le riparazioni straordinarie urgenti, sicché egli non incorre in alcuna responsabilità se non vi provveda, purché dia avviso ai condomini della necessità di curare la conservazione delle cose comuni.

Ciò che l’amministratore, invece, “deve”, è indicato nell’art. 1130 c.c.: eseguire le deliberazioni dell’assemblea (la quale provvede alle opere di manutenzione straordinaria: art. 1135, comma 1, n. 4, c.c.), erogare le spese per la manutenzione ordinaria, eseguire gli atti conservativi (materiali e giudiziali) dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio.

E’ estranea alla questione in esame la disciplina della gestione d’affari. Esiste un più ampio rapporto obbligatorio, che lega l’agente amministratore al condominio dominus negotii, sicché l’atto gestorio “manutenzione straordinaria” non è estraneo ed indipendente da quel rapporto obbligatorio, pur costituendo un potere e non un debito da adempiere alla stregua di esso. La regola posta nell’art. 1135, comma 2, c.c. rivela specialità rispetto agli artt. 2028 e ss. Non si applica perciò nemmeno l’art. 2031 c.c., che vincolerebbe altrimenti l’interessato condominio (idest, gli interessati singoli condomini) ad adempiere le obbligazioni che il gestore ha assunto in nome di quello (quelli), consentendo al terzo di esigere in giudizio i propri crediti dai geriti in contraddittorio necessario col gestore.

Occorre, peraltro, preservare un’esigenza di sistematicità nell’interpretazione dell’art. 1135, comma 2, c.c., dovendosi trovare una soluzione coerente con la fattispecie prevista dall’art 1134 c.c. Le differenze che Cass. 10 settembre 2009, n. 18192, ravvisava tra le due norme (sia pur nel testo che l’art. 1134 aveva all’epoca) non sembrano convincenti. L’art. 1134 c.c. dispone(va) che “il condomino che ha fatto spese urgenti per le cose comuni (…) non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente”. L’art. 1335, comma 2, c.c. dice che l’amministratore non può ordinare lavori di manutenzione straordinaria che non rivestano carattere urgente. Cass. n. 18192 del 2009 scriveva: “poiché – a differenza di quanto stabilito dall’art. 1134 cod. civ. per ciò che riguarda le spese effettuate dal condomino per le cose comuni senza autorizzazione – l’art. 1135 c.c., comma 2, non contiene l’espresso divieto di rimborsare le spese non urgenti, non contemplate in un preventivo approvato, sostenute dall’amministratore nell’interesse comune, nulla impedisce all’assemblea dei condomini, pur in mancanza di una preventiva approvazione del progetto di spesa per opere di manutenzione ordinaria e straordinaria delle cose comuni, di approvare successivamente le spese sostenute dall’amministratore, sempre che si tratti di spese oggettivamente utili”. Perché mai, vien da chiedersi, la Cassazione ravvisò un “espresso divieto” in una norma che dice “non ha diritto al rimborso… salvo che”, e non anche in una norma che dice “non può ordinare lavori… salvo che”? E perché mai l’assemblea, libera e sovrana custode della volontà collettiva dei partecipanti, potrebbe ratificare una spesa effettuata dall’amministratore, che consideri comunque utile, anche quando manchi il requisito dell’urgenza, ed invece non potrebbe ratificare una spesa fatta da un condomino per le parti comuni, che consideri comunque utile, seppur non urgente? Art. 1134 e art. 1135, comma 2, c.c., al contrario, simul stabunt et simul cadunt: entrambe le norme, in nome dell’urgenza, derogano alle ordinarie attribuzioni delle competenze inerenti all’assunzione di spese condominiali.

Ed allora occorre domandarsi se siamo pronti ad ammettere anche che il terzo creditore (l’appaltatore, ad esempio) possa bussare a denari nei confronti del condominio per ottenere il corrispettivo delle opere urgenti su parti comuni che gli abbia ordinato il singolo condomino, e che siano rimaste ignote all’assemblea. Può sostenersi che anche l’art. 1134 c.c. integra, in forza di legge e in presenza dell’urgenza, i poteri rappresentativi del condominio verso i terzi, obbligando direttamente i singoli condomini in conseguenza dell’agire negoziale del condomino gestore?

In realtà, come propone Cass. n. 20136/2017, sembra corretto concludere che  l’urgenza vale unicamente a fondare, in base all’art. 1135, comma 2, c.c., il diritto dell’amministratore a conseguire dai condomini il rimborso delle spese nell’ambito interno al rapporto di mandato. Come spiegava R. Amagliani, L’amministratore e la rappresentanza degli interessi condominiali, Milano 1992, 226, l’attività dell’amministratore è composta di atti che hanno efficacia esterna, natura negoziale e ricalcano la struttura del potere di rappresentanza (di cui agli artt. 1130 e 1131 c.c.), ripercuotendo i loro effetti sul gruppo dei condomini; nonché di atti che, invece, hanno efficacia interna e si risolvono nell’ambito del rapporto corrente tra amministratore e condominio (o singoli condomini, per chi neghi che il condominio sia parte unitaria soggettivamente complessa del rapporto di amministrazione). L’art. 1135, comma 2, c.c., disciplina, allora, un atto (facoltà e non obbligo) dell’amministratore a rilevanza interna: tale norma limita i suoi effetti all’interno del condominio, in quanto regola soltanto le modalità del diritto al rimborso che l’amministratore può vedersi riconoscere per l’effettuazione di riparazioni straordinarie urgenti. Finché l’amministratore non abbia reso il conto della manutenzione straordinaria urgente espletata all’assemblea, onde consentirle di deliberare anche sull’eventuale prosecuzione dei lavori intrapresi, manca l’atto a rilevanza esterna che obblighi (il gruppo de)i condomini direttamente verso il terzo creditore. Delle esigenze di tutela dell’affidamento del terzo contraente, il quale confidava nella possibilità che l’amministratore impegnasse efficacemente il condominio, mi preoccuperei poco: l’art. 1135, comma 2, c.c., vale a rassicurare l’amministratore sul suo diritto a riprendersi dai condomini i soldi che abbia anticipato (o a non dover restituire alla cassa condominiale i soldi che abbia già prelevato), se riesce a dimostrare che i lavori erano urgenti, ma non vale di per sé a rendere immediatamente riferibile a(l gruppo de)i condomini l’obbligazione contratta dall’amministratore premuroso, finché non vi sia il necessario passaggio assembleare che conferisce rilevanza esterna al rapporto gestorio degli interessi condominiali.



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