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Immobile pignorato sotto custodia giudiziaria: chi paga il condominio?

Alessia Calabrese

Economista - Imprenditrice - Vice Tesoriere Nazionale UNAI

 

L’amministratore di condominio ha l’obbligo    di incassare le quote condominiali, così come disposto dall’art. 1130 c.c. co 1, co.4.
Un sostanzioso aiuto ci viene dall’art. 63 disp, att. cod. civ. la cui valenza Questo obbligo si scontra spesso con difficoltà oggettive, quali, non di rado, gli indirizzi giurisprudenziali.

 

Ai sensi dell’art 1130 c.c., l’amministratore è obbligato a riscuotere i contributi condominiali ed ai sensi dell’art. 1129 c.c., è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell’art. 63, comma 1, disp. att. c.c.. Peraltro, qualora ometta di curare diligentemente l’azione giudiziaria e la conseguente esecuzione coattiva nei confronti del condomino moroso, incorre in responsabilità per grave irregolarità, atte a legittimare la sua revoca dall’incarico.

Un caso particolare, degno di nota, e quello dell’immobile pignorato, per il quale vi siano quote condominiali inevase.

Il pignoramento immobiliare, è bene ricordare, non priva della proprietà del bene il titolare, quando però occorre incassare le quote condominiali chi è obbligato a versarle il proprietario del bene oggetto di esecuzione oppure il custode giudiziario?

In particolare, se il proprietario non ha il godimento dell’immobile e non dispone neppure dei i frutti civili (canone di locazione), che sono incassati dal custode giudiziario, grava su quest’ultimo l’onere di sostituirsi al proprietario del bene pignorato nel pagamento degli oneri condominiali?

La questione è stata trattata di recente dal tribunale di Palermo, che ha emesso una interessante pronuncia.

Il contenzioso origina dal fatto che il proprietario di alcune unità immobiliari, ubicate in un edificio condominiale, ed il custode giudiziario delle stesse si oppongono, ciascuno per suo conto, al decreto ingiuntivo emesso in favore del condominio col quale si ingiungeva agli opponenti di pagare la somma di oltre € 6.000 eccependo, ciascuno, per differenti motivazioni, la propria mancanza di legittimazione passiva.

In particolare, il proprietario degli immobili sostiene di non essere obbligato a pagare gli oneri condominiali in quanto ha perso il godimento dei beni e non ne percepisce i frutti civili (canone di locazione) essendo gli immobili sottoposti a custodia giudiziaria.

Per contro il custode giudiziario sostiene che l’unico soggetto obbligato al pagamento degli oneri condominiali continua ad essere il proprietario degli stessi, nonché debitore esecutato, anche per la durata del pignoramento e fino al decreto di trasferimento di proprietà dell’immobile.

La sentenza della seconda sezione civile del Tribunale di Palermo affronta singolarmente le due distinte opposizioni, ed in merito a quella esperita dal proprietario degli appartamenti pignorati evidenzia che l’obiezione sollevata dalla parte, secondo la quale la circostanza del mancato godimento del bene, in quanto pignorato e sottoposto a custodia giudiziaria, provoca la decadenza dell’obbligo di pagamento degli oneri condominiali, non può trovare accoglienza.

Il provvedimento precisa che “il pignoramento non priva il debitore della proprietà dei beni aggrediti, ma li vincola alla soddisfazione del credito per il quale il creditore procedente agisce, nonché dei crediti per i quali i creditori siano successivamente intervenuti nel processo esecutivo, ciò attraverso la tecnica di rendere inefficaci nei loro confronti gli atti con cui il debitore intende alienare le cose pignorate …..Poiché, dunque, il pignoramento non determina la perdita del diritto di proprietà del debitore sulla cosa pignorata ma realizza solo una funzione conservativa, …. si deve concludere che la pendenza di una procedura di esecuzione immobiliare non fa scomparire l’obbligo per il debitore esecutato di corrispondere gli oneri condominiali connessi alla proprietà dei beni pignorati, venendo in rilevo, in tal caso, l’adempimento di una cd. obbligatio propter rem, vale a dire di un’obbligazione conseguente alla contitolarità del diritto reale su beni e servizi comuni”.

L’indirizzo giurisprudenziale di legittimità sulla questione, fra l’altro, è unanime e ritiene: ” In tema di condominio non è possibile sottrarsi all’obbligazione di pagare i contributi invocando l’eccezione di inadempimento ovvero di mancato godimento del bene comune, essendo da escludere un rapporto di sinallagmaticità fra prestazioni con riferimento al pagamento dei contributi che trae origine da un’obbligazione propter rem” (Cass. 3354/2016)

Il Giudicante ha respinto la opposizione del proprietario degli immobili pignorati, condannandolo al pagamento degli oneri condominiali dovuti, anche se gli immobili in questione sono sottoposti, dopo il loro pignoramento, a custodia giudiziaria e senza che, erroneamente, in sentenza si faccia distinzione fra obbligazioni propter rem e obbligazioni da godimento, considerato che egli, nella sua opposizione, non ha contestato la debenza della somma ingiuntagli dal condominio (relativa ad oneri condominiali non versati), ma si è limitato a contestare la sua legittimazione passiva, sulla base dell’errata,asserita, convinzione che il “il debitore pignorato non può essere obbligato a pagare oneri condominiali di immobili di cui non ha più la disponibilità e di cui non riscuote il relativo canone di locazione riscosso, invece, dalla custodia giudiziaria“.

E’ stata, invece, accolta l’opposizione del custode giudiziario che, giustamente, contesta la sua legittimazione passiva ribadendo che “il custode dei beni pignorati ha il compito di provvedere alla loro amministrazione e conservazione, preservandone l’integrità materiale ed il valore economico“, sicché, fino al decreto di trasferimento, il debitore-proprietario dei beni esecutati, resta l’unico titolare del diritto di proprietà e quindi l’unico soggetto al quale imputare “le obbligazioni conseguenti alla titolarità del diritto reale su beni e servizi comuni”.

Si chiarisce con questa sentenza, quindi, ad integrazione dell’indirizzo giurisprudenziale corrente, che anche dopo il pignoramento dell’immobile sottoposto a custodia giudiziaria il proprietario debitore, quantanche non abbia più il godimento del bene, resta sempre obbligato al pagamento degli oneri condominiali.

 

TRIBUNALE DI PALERMO

sez. civ. II

Sentenza n. 2108

del 24.4.2017

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

  1. Fatti controversi.

Con distinti atti di citazione, gli opponenti in epigrafe indicati interponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 1614/2014, emesso dal Tribunale di Palermo in data 2.4.2014 su iniziativa del Condominio di  Via __ n. __ (Palermo), e contenente l’ingiunzione agli opponenti di pagare la somma di € 6.774,96 (oltre interessi e spese della procedura) a titolo di oneri condominiali afferenti ad unità immobiliari facenti parte del fabbricato in via __ n. __, di proprietà del sig. Z.B. ma pignorati e sottoposti a procedura esecutiva immobiliare (n. 350/2002).

Le due opposizioni, fondate su una pressoché identica ragione di censura(avendo eccepito, ciascun opponente, il proprio difetto di legittimazione passiva in danno dell’altro), venivano riunite all’udienza del 9.3.2014, contestualmente all’assegnazione dei termini ex art. 183, comma 6, c.p.c., all’esito dei quali, in considerazione del carattere documentale della controversia, la causa veniva rinviata all’udienza del 11.1.2017, ove veniva assunta in decisione sulle conclusioni delle parti come da verbale in atti.

 

  1. Breve premessa.

Per una migliore comprensione del merito della vicenda, il Tribunale ritiene di dover affrontare separatamente le due opposizioni svolte e successivamente riunite.

 

2.1.Sull’opposizione di Z.B. (giudizio n. 11228/2014 R.G.).

Muovendo dall’opposizione veicolata col procedimento meno antico(quello portante il n. 11228/2014 R.G.), poche considerazioni sono in realtà necessarie per spiegare le ragioni del rigetto della domanda.

Esse discendono dalla osservazione per cui il pignoramento non priva il debitore della proprietà dei beni aggrediti, ma li vincola alla soddisfazione del credito per il quale il creditore procedente agisce, nonché dei crediti per i quali altri creditori siano successivamente intervenuti nel processo esecutivo, ciò attraverso la tecnica di rendere inefficaci nei loro confronti gli atti con cui il debitore intende alienare le cose pignorate.

Poiché, dunque, il pignoramento non determina la perdita del diritto di proprietà del debitore sulla cosa pignorata (al punto che egli può anche disporne, con il solo limite dell’inopponibilità dell’atto di disposizione nei confronti dei creditori ex art. 2913 c.c.) ma realizza una funzione conservativa, prodromica rispetto alla sua funzione tipica (e propria) di preparare il bene alla vendita o all’assegnazione forzate, si deve concludere che la pendenza di una procedura di esecuzione immobiliare non fa scomparire l’obbligo per il debitore esecutato (ossia per il proprietario) di corrispondere gli oneri condominiali connessi alla proprietà dei beni pignorati, venendo in rilievo, in tal caso, l’adempimento di una cd. Obbligatio propter rem, vale a dire di un’obbligazione conseguente alla contitolarità del diritto reale su beni e servizi comuni (cfr. Cass. n. 6323.2003: “In tema di spese necessarie per la conservazione e il godimento delle parti comuni, che costituiscono l’oggetto di un’obbligazione “propter rem”, in quanto conseguenza della contitolarità del diritto reale su beni e servizi commi,l’obbligazione di ciascun condomino di contribuire alle spese per la conservazione dei beni comuni nasce nel momento in cui è necessario eseguire le relative opere,mentre la delibera dell’assemblea di approvazione della spesa, che ha la funzione di autorizzarla, rende liquido il debito di cui in sede di ripartizione viene determinata la quota a carico di ciascun condomino, sicché, in caso di compravendita di un’unità immobiliare sita in edificio soggetto al regime del condominio, è tenuto alla spesa colui che è condomino al momento in cui si rende necessario effettuare la spesa”; Cass. n. 19893.2011: “In tema di condominio negli edifici, poiché tra le spese indicate dall’art. 1104 cod. civ., soltanto quelle per la conservazione della cosa comune costituiscono “obligationes propter rem”, è legittima la rinuncia di un condomino all’uso dell’impianto centralizzato di riscaldamento – anche senza necessità di autorizzazione o approvazione da parte degli altri condomini – purché l’impianto non ne sia pregiudicato, con il conseguente esonero, in applicazione del principio contenuto nell’art. 1123, secondo comma, cod. civ., dall’obbligo di sostenere le spese per l’uso del servizio centralizzato; in tal caso, egli è tenuto solo a pagare le spese di conservazione dell’impianto stesso. Né può rilevare, in senso impediente, la disposizione eventualmente contraria contenuta nel regolamento di condominio, anche se contrattuale, essendo quest’ultimo un contratto atipico meritevole di tutela solo in presenza di un interesse generale dell’ordinamento”;ancora, si veda Cass. n. 3354.2016 (in parte motiva): “[…] in tema di condominio non è possibile sottrarsi all’obbligazione di pagare i contributi invocando l’eccezione di inadempimento ovvero di mancato godimento del bene comune, essendo da escludere un rapporto di sinallagmaticità fra prestazioni con riferimento al pagamento dei contributi che trae origine da un’obbligazione propter rem derivante dalla comproprietà”).

Conseguentemente, posto che l’opponente non ha contestato la debenza (né l’ammontare) della somma ingiunta ma semplicemente la sua legittimazione passiva (sul convincimento per cui il debitore pignorato “[…]non può essere obbligato a pagare oneri condominiali di immobili di cui non ha più la disponibilità e di cui non riscuote il relativo canone di locazione riscosso, invece dalla Custodia giudiziaria”), la sua opposizione non può essere accolta e va, pertanto, rigettata.

 

2.2. Sull’opposizione della Custodia giudiziaria (giudizio n. 8301/2014R.G.).

Il ragionamento operato con riferimento all’opposizione del Z. conduce a esiti differenti con riguardo all’opposizione promossa dalla Custodia.

Per quanto, infatti, compito essenziale del custode dei beni pignorati sia quello di provvedere alla loro amministrazione e conservazione (art. 65,primo co., c.c.), preservandone l’integrità materiale e il valore economico,certo è che, fino al decreto di trasferimento, il debitore resta l’unico titolare del diritto di proprietà dei beni staggiti, e quindi l’unico cui imputare le obbligazioni conseguenti alla contitolarità del diritto reale sui beni e servizi comuni.

Per di più, qualora il custode (che è un detentore qualificato che si sostituisce al debitore nell’amministrazione del cespite) provvedesse al versamento delle quote condominiali attingendo agli introiti della procedura, si produrrebbe l’inaccettabile risultato di anteporre, alle ragioni del creditore procedente (e dei creditori intervenuti), quelle di un portatore di un credito (di natura chirografaria) che non ha svolto ricorso per intervento e che non gode, neppure in ipotesi di intervento, di alcuna opzione prededuttiva o privilegiata (argomentando dagli artt. 2770 e 2777c.c.).

Pertanto, non essendo lecito, in assenza di un dato normativo a sostegno,creare categorie di crediti capaci di beneficiare in via di fatto di una prededuzione e/o di un privilegio non tipizzati, l’opposizione svolta dalla Custodia giudiziaria va accolta, e conseguentemente revocato il decreto ingiuntivo opposto emesso in suo danno (nello stesso senso, cfr. Trib. Padova, ord. 10 febbraio 2014; utilissimo il richiamo alla recente Cass. n. 12877.2016: “Le spese necessarie alla conservazione dell’immobile pignorato, cioè indissolubilmente finalizzate al mantenimento dello stesso in fisica e giuridica esistenza e non meramente conservative della sua integrità (quali quelle per la manutenzione ordinaria o straordinaria ovvero per la gestione condominiale), sono strumentali alla procedura di espropriazione forzata perché intese ad evitarne la chiusura anticipata, sicché restano incluse nelle spese “per gli atti necessari al processo”, suscettibili, ai sensi dell’art. 8 del D.P.R. n. 115 del 2002, di essere poste in via di anticipazione a carico del creditore procedente e, quindi, rimborsabili come spese privilegiate ex art. 2770 c.c. a favore del creditore che le abbia anticipate”).

Conclusivamente, va provveduto come in dispositivo.

 

  1. Spese di lite.

In ragione della peculiarità della vicenda, aggravata da contrasti interpretativi sorti (soprattutto) nelle sedi esecutive, le spese di lite vanno integralmente compensate.

Non v’è luogo alla condanna della Custodia ex art. 96 c.p.c., atteso che la condanna per lite temeraria presuppone che la domanda, oltre che patentemente infondata, sia tale da dimostrare la consapevolezza della sua infondatezza da parte dell’attore e, ad un tempo, un’ignoranza gravemente colpevole di tale sua infondatezza (arg. ex Cass. n. 15629.2010; Cass. n. 19976.2005), ossia presuppone la sussistenza di evidenze che, nel caso di specie e alla luce dell’esito del giudizio, non sono riscontrabili.

 

P.Q.M.

il Tribunale di Palermo, definitivamente pronunziando nella causa civile di primo grado indicata in epigrafe, ogni diversa istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede:

  • rigetta l’opposizione svolta da Z.B.;
  • in accoglimento dell’opposizione svolta dalla Custodia Giudiziaria dei beni immobili pignorati nella procedura esecutiva n. 350/2002, revoca,nei suoi riguardi, il decreto ingiuntivo n. 1614/2014, emesso dal Tribunale di Palermo in data 2.4.2014 e depositato in data 28.4.2014;
  • compensa integralmente le spese di lite tra tutte le parti in causa.

Palermo, 18 aprile 2017.



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