
Principio solidale insito nell’art. 63 dd.a.c.c. e tutele per il condominio
La disciplinata dall’art. 63, comma 2, disp. att. cod. civ. ha natura di obbligazione propter rem e si riferisce, quindi, a chiunque a qualsiasi titolo (sia per convenzione, sia in seguito ad aggiudicazione forzata) succede nella proprietà dell’immobile condominiale (Cass., sent. n. 1814 del 9 luglio 1964) |
Quando un’unità immobiliare, che fa parte di un edificio in condominio, viene venduta a un nuovo proprietario si pone il problema del pagamento delle spese relative all’ultimo periodo precedente alla vendita.
L’art. 63, comma 4, disp. att. cod. civ. prevede, infatti, la solidarietà fra venditore e acquirente per le spese condominiali relative all’anno in corso e a quello precedente. Ma cosa succede se la vendita dell’immobile non avviene per la libera volontà delle parti, ma a seguito di un’esecuzione forzata?
E’ opportuno, comunque, prima di esaminare attentamente la fattispecie sopra richiamata, riepilogare la disciplina prevista nel nostro ordinamento relativamente alla solidarietà tra il venditore e l’acquirente. L’art. 63, comma 4, disp. att. cod. civ., stabilisce che chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato, in solido con il precedente proprietario, al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente.
Questa disposizione è diretta, con ogni evidenza, a tutelare il più possibile il condominio per quanto riguarda le spese condominiali relative al periodo in cui il cedente condomino trasferisce la proprietà dell’immobile a colui che gli subentra e così diventa il nuovo proprietario.
Non è sempre agevole, infatti, per l’amministratore, indicare al venditore e al compratore (sempre che qualcuno lo richieda) l’entità delle spese condominiali che sono maturate esattamente fino al momento del trasferimento della proprietà dell’immobile (e che, quindi, sono di competenza del condomino-venditore, in quanto relative al periodo in cui egli ha usufruito dell’immobile, mentre passano nella competenza del condomino-acquirente le spese condominiali relative al periodo successivo all’acquisto). Onestà vorrebbe, in questi casi, che al momento dell’acquisto il venditore indicasse al compratore, con esattezza o perlomeno in modo sufficientemente indicativo, l’ammontare delle spese condominiali da lui dovute.
Ma, oltre alla cattiva volontà degli uomini che spesso non manca, bisogna tenere conto anche del fatto che, fino al momento della chiusura del bilancio condominiale, l’amministratore non è in grado di quantificare in modo preciso l’importo dovuto dal venditore dell’immobile.
Così il legislatore, a maggior garanzia degli interessi del condominio, mediante l’art. 63, comma 4, disp. att. cod. civ. ha istituito un vincolo solidale fra venditore ed acquirente dell’immobile; questo significa che le spese restano a carico di chi era l’effettivo condomino (e non rileva se precedentemente o successivamente questa qualità è mancata) nel momento in cui sono state sostenute, ma il condominio ha diritto di chiedere il pagamento indifferentemente sia al precedente condomino che a quello attuale. Quindi, chiunque dei due venga richiesto di effettuare il pagamento non può rifiutarsi di saldare e successivamente i due interessati dovranno regolare fra di loro gli importi eventualmente anticipati dall’uno nell’interesse dell’altro.
La soluzione adottata dalla legge potrebbe sembrare iniqua, ma si giustifica agevolmente non appena si consideri che essa è collegata a un’esigenza del tutto pratica, ma assai importante.
Nel caso in cui un condomino si rifiuti di pagare le quote di spese comuni dovute al condominio, gli altri condomini possono facilmente evitare il danno che ciò determinerebbe perché, una volta emessa l’ingiunzione, possono procedere all’esecuzione coattiva proprio sull’immobile di proprietà del condomino; e così, a meno che non vi siano altri creditori (magari ipotecari) che agiscono sullo stesso bene, il recupero del dovuto da parte del condominio è garantito, insieme alle spese dell’esecuzione (che spesso sono ingenti). Ma se il credito del condominio si riferisce a spese di cui è titolare esclusivo chi era precedentemente condomino, il condominio, nel caso di rifiuto di pagare da parte sua, non ha la stessa possibilità di agire esecutivamente sui beni di quest’ultimo, in quanto può non essere facile individuare altri beni immobili su cui iniziare l’esecuzione, mentre quelli mobili sono facilmente occultabili ai creditori e, comunque, in genere hanno un modesto valore economico.
Invece grazie al vincolo solidale previsto dall’art. 63, comma 4, disp. att. cod. civ., il condominio ha la maggior garanzia possibile di recuperare i crediti condominiali, anche per la fase in cui l’immobile viene ceduto.
Le corrette modalità applicative della solidarietà che opera fra il condomino alienante e il condomino acquirente ai sensi dall’art.63, comma 4, disp. att. cod. civ., sono state individuate in alcune sentenze sia di legittimità che di merito, che è adesso utile ricordare.
Il principio fondamentale seguito dalla giurisprudenza è quello per cui, rispetto ai terzi, il successore a titolo particolare si pone in una situazione di diritto-dovere, in virtù della quale sono trasferiti nella sua persona sia tutti i diritti (di godimento e di disponibilità della cosa), che i terzi devono rispettare, sia tutti gli oneri ob rem e in favore dei terzi, alla cui osservanza il successore non può sottrarsi. Con la conseguenza che l’obbligo dell’acquirente di un’unità condominiale sussiste, in particolare, in relazione alle spese approvate da una delibera precedente all’acquisto dell’unità immobiliare (Cass. Sent. n. 2489/1982).
Specificamente sul diritto alla rivalsa dell’acquirente, la Cassazione ha affermato, con una sentenza più recente:
– “che in virtù del principio dell’ambulatorietà passiva, previsto dall’art. 63, comma 4, disp. att. cod. civ., l’acquirente di una unità immobiliare condominiale può essere chiamato a rispondere dei debiti condominiali del suo dante causa, in solido con lui, ma non al suo posto, e opera nel rapporto tra il condominio ed i soggetti che si succedono nella proprietà di una singola unità immobiliare, non anche nel rapporto tra questi ultimi”;
– che nel rapporto fra i soggetti che si succedono nella proprietà di una singola unità immobiliare, salvo che non sia diversamente convenuto tra le parti, opera invece il principio generale della personalità delle obbligazioni;
– che l’acquirente dell’unità immobiliare risponde soltanto delle obbligazioni condominiali sorte in epoca successiva al momento in cui, acquistandola, è divenuto condomino;
– che quindi se, in virtù del principio dell’ambulatorietà passiva di tali obbligazioni, sia stato chiamato a rispondere delle obbligazioni condominiali sorte in epoca anteriore, egli ha diritto a rivalersi nei confronti del suo dante causa (Cass., sent. n. 1956 /2000).
Bisogna tenere presente, infatti, che il condomino che trasferisce la porzione di immobile di sua proprietà esclusiva non è tenuto a contribuire alle spese di manutenzione delle parti comuni dell’edificio erogate successivamente alla vendita, dal momento che l’obbligo di pagamento di tali contributi deriva dalla concreta attuazione dell’attività di manutenzione e non dalla preventiva approvazione della spesa e dalla relativa ripartizione (Cass. Sent. n. 4393 del 17/1997).
Per quanto riguarda gli effetti della delibera assembleare che approva le spese condominiali e quelli della successiva delibera che ne ha per oggetto la ripartizione, è stato affermato che l’obbligo dei condomini di contribuire al pagamento delle spese condominiali sorge per effetto della delibera dell’assemblea che approva le spese stesse e non a seguito della successiva delibera di ripartizione, la quale è invece diretta soltanto a rendere liquido un debito che preesiste e che può anche mancare ove esistano le tabelle millesimali, per cui l’individuazione delle somme concretamente dovute dai singoli condomini è il frutto di una semplice operazione matematica (Cass. Sent. n. 9366/1996).
Nello stesso modo, per quanto riguarda i lavori di straordinaria manutenzione, realizzati successivamente al contratto definitivo di compravendita e all’immissione in possesso dell’acquirente, la quota di spese relativa ai lavori compete a quest’ultimo, anche se i lavori siano stati deliberati prima del contratto e con la partecipazione dell’alienante all’assemblea condominiale (Pret. Firenze 26 febbraio 1991).
E’ bene precisare che il richiamo all’anno contenuto nell’art. 63, comma 4, disp. att. cod. civ., si deve intendere riferito all’anno di gestione (o esercizio condominiale) e non a quello solare (Pret. Bolzano 10 giugno 1999).
Rimane adesso da esaminare, per arrivare concretamente alla fattispecie che qui ci interessa, se i principi appena ricordati trovano applicazione anche nel caso molto particolare, ma purtroppo altrettanto ricorrente, in cui la proprietà dell’immobile passa dal precedente condomino a un soggetto nuovo non per effetto di un atto di cessione volontario, ma a seguito dell’ordine di trasferimento coattivo emesso dal giudice nell’ambito di una procedura esecutiva azionata dai creditori nei confronti del precedente condomino. Si tratta, quindi, del caso dell’acquisto dell’immobile all’asta.
Estratto Art. 63 dd.a.c.c.Omissis“Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente.Chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto.”Omissis |
Si sostiene in proposito che un simile tipo di acquisto consente all’acquirente di ricevere il bene libero da ogni peso o debito collegato a esso; in altre parole il condomino che acquista all’asta l’immobile ha soltanto l’obbligo di pagare il prezzo di aggiudicazione e resta esente da ogni altra obbligazione precedente collegata all’immobile.
È di tutta evidenza come sarebbe ingiusta una soluzione di questo tipo dal momento che, nell’ipotesi di una procedura esecutiva azionata da un altro creditore, magari garantito da ipoteca, nella quale il prezzo di aggiudicazione risulta insufficiente a coprire anche il credito di cui è titolare il condominio nei confronti dell’ex condomino espropriato (ipotesi tutt’altro che inconsueta): in tal modo il condominio si troverebbe a non poter esercitare il proprio diritto di credito sull’acquirente dell’immobile e gli altri condomini si troverebbero a dovere coprire, oltre al credito principale per cui il condominio ha inutilmente agito nei confronti del moroso espropriato dell’unità immobiliare, anche le spese legali relative all’ingiunzione e all’esecuzione che alla fine è risultata inutile (e non si deve dimenticare che spesso la procedura di vendita forzata di un immobile, fra stima, fissazione dei vari incanti ecc., si trascina per lunghi periodi e, a volte, anche per molti anni).
La giurisprudenza è da tempo orientata, invece, nel senso che l’obbligazione relativa al pagamento dei contributi condominiali disciplinata dall’art. 63, comma 2, disp. att. cod. civ. ha natura di obbligazione propter rem e si riferisce, quindi, a chiunque a qualsiasi titolo (sia per convenzione, sia in seguito ad aggiudicazione forzata) succede nella proprietà dell’immobile condominiale (Cass., sent. n. 1814 del 9 luglio 1964). Con la conseguenza che, nel caso di successione del rapporto di condominio e relativamente all’onere del pagamento dei contributi, non trova applicazione il disposto dell’art. 2919 cod. civ. (Trib. Milano 8 luglio 1971) e che l’acquirente ai pubblici incanti in seguito a espropriazione forzata è, così come ogni altro condomino, tenuto in solido con l’ex proprietario espropriato al pagamento in favore del condominio del contributo relativo all’anno in corso e all’anno precedente, salvo la rivalsa nei confronti del dante causa (Trib. Roma, anno 1961).
Anche di recente è stato nuovamente affermato che l’effetto cosiddetto “purgativo” della vendita forzata immobiliare, che riguarda le trascrizioni e iscrizioni pregiudizievoli (e, dunque, i creditori che necessariamente devono essere chiamati a intervenire nel processo esecutivo), non si estende all’ipotesi di successione nel rapporto di condominio e relativamente all’onere del pagamento dei contributi condominiali ex art. 63, comma 4, disp. att. cod. civ., il quale rappresenta comunque una norma speciale diretta al rafforzamento della tutela degli interessi creditori del condominio di cui fa parte il bene staggito e i cui oneri, continuando a maturare anche in epoca successiva al pignoramento, non possono essere posti a carico del condominio (salvi gli effetti dell’intervento) proprio perché riguardano un bene la cui vendita va a vantaggio dei creditori della procedura esecutiva. Di conseguenza gli oneri condominiali maturati nel corso della procedura esecutiva stessa sono dotati della qualità di credito in prededuzione e che l’art. 63, comma 4, disp. att. cod. civ., continua a essere suscettibile di applicazione (Trib. Bologna, anno 2000).
Merita di essere notato, a tal proposito, come sia dannosa la mancata previsione nella legge di un diritto di privilegio a favore del condominio, per quanto riguarda i crediti relativi alle spese condominiali.
Da quanto si è appena detto derivano alcune conseguenze che meritano di essere sottolineate.
L’acquirente dell’immobile all’asta, contrariamente a quanto si potrebbe obiettare, non subisce alcun pregiudizio dall’applicazione della regola della solidarietà prevista dall’art. 63, comma 4, disp. att. cod. civ., perché è sempre in grado (nell’improbabile caso che il condominio non sia il creditore procedente e non sia neppure intervenuto nella procedura che è stata azionata da un diverso creditore) di verificare, ancora prima di partecipare all’asta e quindi di assumere qualsiasi obbligazione, la situazione dei debiti del condomino esecutato nei confronti del condominio.
E da un punto di vista meramente pratico, si può aggiungere non solo che l’ipotesi dell’applicazione della responsabilità solidale prevista dall’art. 63, comma 4, disp. att. cod. civ., ha comunque una funzione residuale perché presuppone che un diverso creditore, garantito da una causa legittima di prelazione, si sia soddisfatto sul bene venduto lasciando a disposizione del condominio una somma insufficiente a coprire integralmente il suo credito; ma anche che, in genere, il prezzo di aggiudicazione finale dell’asta è decisamente vantaggioso per l’acquirente e che anche questo giustifica il sacrificio economico ulteriore che si richiede al nuovo condomino da parte del condominio per quanto riguarda le spese arretrate.
D’altra parte l’acquirente all’asta riceve la proprietà del bene nella situazione in cui tale bene si trova nel momento in cui inizia l’esecuzione; proprio per lo stesso motivo le locazioni stipulate da chi ha subito l’espropriazione sono opponibili all’acquirente dell’immobile (art. 2923, comma 1, cod. civ.), che è tenuto a rispettare gli accordi contenuti nel contratto subentrando, nella qualità di locatore, al precedente proprietario.
Un’ultima osservazione si deve ancora aggiungere. Coerentemente con la lettera dell’art. 63, comma 2, disp. att. cod. civ., e con la ratio della norma, si deve ritenere che il biennio (l’anno precedente e quello in corso) a cui fa riferimento l’art. 63 si debba intendere non come gli ultimi 2 anni a partire da quello in cui ha effettivamente luogo il trasferimento di proprietà in capo all’acquirente dall’asta pubblica, ma come l’anno in corso nel momento in cui il condominio dà inizio all’esecuzione forzata (con la notificazione del precetto e col successivo pignoramento del bene) oppure interviene nella procedura di vendita azionata da un diverso creditore. Infatti, la procedura di vendita all’asta si dimostra assai spesso molto più lenta di quanto sarebbe opportuno, anche nei casi in cui il giudice delega il notaio ai sensi della Legge n.302/1998, e non raramente si protrae per anni; e sarebbe palesemente ingiusto, in queste situazioni, lasciare fuori dal periodo coperto dalla responsabilità solidale disciplinata dall’art. 63, comma 4, disp. att. cod. civ., gli anni precedenti al completamento della vendita che eventualmente fuoriescono dal biennio contemplato dalla norma.