
L’amministratore con una sola segretaria non è tenuto a pagare l’Irap
Si consolida l’indirizzo favorevole al contribuente sancito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite.Le SS.UU. della S.C. avevano confermato la statuizione con cui i giudici di secondo grado avevano dato ragione ad un avvocato che si era opposto ad una cartella di pagamento notificatagli per asserito mancato versamento dell’Irap.A riguardo la Commissione Tributaria Regionale aveva, in particolare, rilevato che il contribuente svolgeva l’attività professionale di docente universitario in via principale e quella di avvocato in modo residuale, attraverso l’utilizzo di beni strumentali minimi e della collaborazione part-time di una dattilografa.In adesione alle doglianze del professionista, era stata esclusa la sussistenza del requisito della “autonoma organizzazione”, applicativo dell’imposta in questione. |
Si consolida, in Cassazione, Sezione Tributaria, l’indirizzo secondo il quale l’attività del professionista (iscritto in albi e collegi o meno) non è automaticamente assoggettabile ad IRAP.
Tale indirizzo è stato confermato anche dalla recentissima ordinanza n. 21243 del 13 settembre 2017.
Finalmente le Sezioni Unite della Corte di Cassazione avevano dato una risposta definitiva alla questione sulla quale negli ultimi anni non solo si sono date battaglia le Commissioni Tributarie di tutta Italia ma si sono alternati due opposti orientamenti all’interno della stessa V Sezione Civile (Tributaria) della Corte di Cassazione.
In particolar modo a partire dal 2013 l’alternanza tra pronunce di senso opposto (che a volte affermavano la dirimenza in senso sfavorevole al contribuente della presenza del dipendente, altre volte ribadivano l’insufficienza dell’elemento e la necessità di valutare caso per caso la tipologia delle mansioni svolte e l’incidenza sulla capacità reddituale del contribuente, con esclusione del presupposto impositivo in caso di dipendenti meramente “esecutivi”) ha reso veramente difficile per gli operatori del settore valutare l’opportunità di promuovere o meno ricorso per conto del contribuente.
Non sono infatti mancate le pronunce che, decidendo in senso sfavorevole al ricorrente sulla scorta della presenza del dipendente, nel rigettare il ricorso l’hanno anche condannato al pagamento delle spese legali.
Finalmente l’incertezza è finita, con una chiara presa di posizione delle Sezioni Unite a favore del contribuente.
Nella sentenza n. 9451/20156, le Sezioni Unite enunciano un nuovo principio di diritto, che viene letteralmente riportato: “con riguardo al presupposto dell’IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione – previsto dall’art. 2 del D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 446, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive”.
FOCUSSuprema corte – ordinanza n. 18734Depositata il 23 settembre 2016La Suprema corte ha confermato la decisione di merito respingendo il ricorso promosso dall’Agenzia delle Entrate la quale riteneva, per contro, rilevante il fatto che il legale si avvalesse in modo non occasionale della collaborazione di una dattilografa.I giudici di legittimità, sul punto, hanno richiamato il chiarimento recentemente reso dalle Sezioni unite nel testo della pronuncia n. 9451/2016: è irrilevante, ai fini della configurazione dell’autonoma organizzazione richiesta per la debenza dell’Irap, una collaborazione fornita da un soggetto adibito esclusivamente a mansioni di segretaria ovvero esecutive.Questa forma di collaborazione, difatti, reca all’attività del contribuente un apporto del tutto “mediato o generico”.FONTI: CED Cassazione, 2017 |
Le Sezioni Unite sono partite dall’analisi della sentenza n. 3676/2007, citata dall’Agenzia delle Entrate, evidenziando come la stessa fosse espressione dell’orien-tamento più risalente e più radicato secondo cui la presenza anche di un solo dipendente, anche se part time ovvero addetto a mansioni generiche, determinerebbe di per sé l’assoggettamento all’imposta, mettendola a confronto con l’orientamento più recente secondo il quale invece è necessario “accertare in punto di fatto l’attitudine del lavoro svolto dal dipendente a potenziare l’attività produttiva al fine di verificare la ricorrenza del presupposto stesso”.
Secondo la Suprema Corte la sentenza n. 3676/2007 è stata emanata in un periodo in cui la Corte cercava di identificare il presupposto del tributo mentre ad oggi la questione da risolvere è un’altra, ossia la definizione di quali sono i soggetti passivi.
In buona sostanza l’oggetto della sentenza del 2007 era stato quello di definire l’ambito di operatività del D.Lgs 446/1997 alla luce della nota pronuncia della Corte Costituzionale affermando che il presupposto del tributo è costituito dall’esercizio di un’attività “autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni o servizi “ e che dunque sono riguardati dall’imposizione anche le persone fisiche e le società semplici (od equiparate) che esercitano un’arte o una professione ai sensi dell’ art. 49, coma 1 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 da intendersi come tutti coloro che, per professione abituale, svolgevano un’attività di lavoro autonomo non classificabile come impresa o come collaborazione coordinata o continuativa e, cioè, come prestazione di servizi senza impiego di organizzazione propria.
La stessa pronuncia aveva chiarito la portata della sentenza della Corte Costituzionale (n. 156/2001) che aveva puntualizzato che se il reddito d’impresa era sempre soggetto ad IRAP, quello dei lavoratori autonomi era assoggettabile all’imposta solo in caso di presenza di un’organizzazione autonoma; in concreto non venivano fissati i limiti quantitativi dovendo sempre il giudice di merito valutare caso per caso l’esistenza di uno o più elementi suscettibili di combinarsi con il lavoro del contribuente potenziandone le possibilità. Secondo la ricostruzione della sentenza del 2007, al fine di assoggettare il contribuente all’IRAP “Non occorre, quindi, che si tratti di una struttura d’importanza prevalente rispetto al lavoro del titolare o addirittura in grado di generare profitti anche senza di lui, ma è sufficiente che vi sia un insieme tale da porre il professionista in una condizione più favorevole di quella in cui si sarebbe trovato senza di esso.
La maggiore o minore consistenza di tale insieme non è dunque importante purché, ben s’intende, si tratti di fattori che non siano tutto sommato trascurabili, bensì capaci di fornire un effettivo qualcosa in più al lavoratore autonomo”.
E dunque “Per far sorgere l’obbligo di pagamento del tributo basta, infatti, l’esistenza di un apparato che non sia sostanzialmente ininfluente, ovverosia di un quid pluris che secondo il comune sentire, del quale il giudice di merito è portatore ed interprete, sia in grado di fornire un apprezzabile apporto al professionista. Si deve cioè trattare di un qualcosa in più la cui disponibilità non sia, in definitiva, irrilevante perché capace, come lo studio o i collaboratori, di rendere più efficace o produttiva l’attività.
Sulla scorta delle suddette richiamate argomentazioni, la Cassazione nel 2007 era, giunta ad enunciare il seguente principio di diritto : “Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di
organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle condizioni sopraelencate”.
Ebbene le Sezioni Unite hanno affermato di condividere l’impianto ricostruttivo della sentenza del 2007 citata ma di ritenere necessarie alcune precisazioni concernenti il fattore lavoro.
Più precisamente hanno dichiarato che “se fra “gli elementi suscettibili di combinarsi con il lavoro dell’interessato, potenziandone le possibilità necessarie”, accanto ai beni strumentali vi sono i mezzi “personali” di cui egli può avvalersi per lo svolgimento dell’attività, perché questi davvero rechino ad essa un apporto significativo occorre che le mansioni svolte dal collaboratore non occasionale concorrano o si combinino con quel che è il proprium della specifica professionalità (omissis). E’, infatti, in tali casi che può parlarsi, per usare l’espressione del giudice delle leggi, di “valore aggiunto” o, per dirla con le pronunce della sezione tributaria del 2007, di “quel qualcosa in più”.
Diversa incidenza assume perciò l’avvalersi in modo non occasionale di lavoro altrui quando questo si concreti nell’espletamento di mansioni di segreteria o generiche o meramente esecutive, che rechino all’attività svolta dal contribuente un apporto del tutto mediato o, appunto, generico.”
Come per i beni strumentali anche per il fattore lavoro esiste un minimo indispensabile che non fa scattare l’imposizione che corrisponde all’impiego di un collaboratore con mansioni meramente esecutive.
FOCUSSuprema Corte ordinanza n. 21243del 13 settembre 2017I Giudici della Corte hanno respinto il ricorso delle Entratee hanno ricordato che le Sezioni Unite della Cassazione hanno recentemente sentenziato che, a fini IRAP, «integra autonoma organizzazione l’impiego di beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure l’avvalersi in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive».Dunque, secondo la Suprema Corte, il solo avvalersi di lavoro altrui non è automaticamente segno di autonoma organizzazione, in quanto prima di tutto vengono le caratteristiche di detto lavoro. Affermando quindi che l’utilizzo di personale anche in attività autonoma non integra necessariamente il presupposto dell’imposta se lo stesso non prevale sul lavoro intellettivo del contribuente, la CTR aveva affermato un principio sostanzialmente in linea con i dettami delle Sezioni Unite. |
Sembra inoltre potersi affermare che in caso di part-time sia possibile escludere la sussistenza di un’autonoma organizzazione anche in presenza di due rapporti a tempo parziale equivalenti ad uno a tempo pieno.
La sentenza commentata si pone in linea con quanto affermato dalle stesse Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 7291/2016 che, con riferimento ai medici convenzionati con il Servizio Sanitario nazionale che svolgono in forma associata l’attività di medicina di gruppo, ha affermato che “la presenza di personale di segreteria o infermieristico comune” appare la risultante minima ed indispensabile della necessità di assicurare il servizio.
Ed alla luce della pronuncia di martedì, sembra doversi affermare che l’esclusione dall’IRAP sussista per i medici convenzionati con il SSN che operano in medicina di gruppo anche in presenza di un collaboratore esecutivo per ciascuno dei medici.
Non abbiamo ancora pronunce relative agli amministratori d’immobili ma la nostra categoria rientra appieno in questo beneficio.
DOCUMENTO
CORTE di CASSAZIONE
sentenza n. 17153
depositata il 11 luglio 2017
ESTRATTO
Rilevato che:
- in fattispecie relativa all’impu-gnazione del diniego di rimborso dell’Irap versata dal contribuente — medico generico convenzionato con il S.S.N. — negli anni di imposta 2006-2009, l’amministrazione ricorrente censura la sentenza con cui la C.T.R. ha negato l’esistenza di un’autonoma organizzazione a fini Irap, per violazione e falsa applicazione degli artt. 2 comma 1 e 3 comma 1 lett. c), D.Lgs. n. 446/97, in quanto la semplice presenza di un dipendente non occasionale configurerebbe il presupposto impositivo in discussione;
- all’esito della camera di consiglio, ed in sede di riconvocazione, il Collegio ha disposto l’adozione di motivazione in forma semplificata.
Considerato che:
- il ricorso è manifestamente infondato alla luce dei principi fissati dalle Sez. Unite di questa Corte, in base ai quali “il requisito della autonoma organizzazione ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui”, in modo da superare “la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive”; a tal fine, ha sottolineato che il presupposto dell’autonoma organizzazione non ricorre tout court per la semplice presenza di “lavoro altrui”, dovendosi accertare in concreto se il contribuente se ne avvalga “in modo non occasionale”, ed in misura superiore “alla soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive”; la Corte ha infine precisato che tale “accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato” (Cass. SU 10/05/2016, n. 9451);
- nel caso di specie, l’accerta-mento in fatto del giudice d’appel-lo, che fa espresso riferimento al modesto valore dei beni strumentali ed al ridotto orario del collaboratore addetto alla segreteria, accanto alle obbligatorie sostituzioni per ferie, risulta coerente con l’in-segnamento della Corte e congrua-mente motivato, perciò insindacabile in sede di legittimità, tanto più in assenza di censure di tipo motivazionale (cfr. Cass. Sez. Un. n. 7931/13; Cass. nn. 14233/15, 12264/14);
- la rilevanza del recente intervento nomofilattico giustifica la integrale compensazione delle spese processuali tra le parti;
- risultando soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, in quanto amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Ca.ss. S.U. sent. n. 9338/14; conf. Cass. sez. ord. n. 1778/16 e Cass. VI-T, ord. n. 18893/16).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Compensa integralmente le spese processuali
CORTE DI CASSAZIONE
Ordinanza, n. 16364
Del 3 luglio 2017
Tributi – Irap- Rimborso – Requisito autonoma organizzazione – Verificabilità
ESTRATTO
Ragioni della decisione
Costituito il contraddittorio ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ. (come modificato dal decreto-legge 31 agosto 2016, n. 168, convertito con modificazioni dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197), osserva con motivazione semplificata:
L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR-Campania, che il 28 settembre 2015 ha confermato, a favore dell’avv. G.S., il rimborso dell’IRAP limitata alle somme versate per gli anni d’imposta 2008 e 2009. La parte privata resiste con controricorso.
La ricorrente censura – per violazione di norme di diritto (D.Lgs. 446/1997, artt. 2, 3; cod. civ., art. 2697) – la sentenza d’appello laddove stima l’attività del contribuente priva del requisito dell’auto-noma organizzazione per essere espletata con minimali supporti, mentre risulterebbero significativi compensi corrisposti a terzi.
L’assunto del giudice di merito si pone in continuità coi principi regolativi ora definitivamente certificati da Cass. Sez. U, Sentenza n. 9451 del 10/05/2016 (Rv. 639529) laddove si afferma che, con riguardo al presupposto dell’IRAP, il requisito dell’autonoma organizzazione – previsto dall’art. 2 del D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 446, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’eser-cizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’im-piego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive.
Premesso che pacificamente non risultano a carico del contribuente dipendenti e costi per attrezzature particolari, il giudice d’appello, con insindacabile accertamento di merito, ha ritenuto l’attività priva del requisito dell’autonoma organizzazione ancorché espletata con l’ausilio di terzi remunerati, però, con modesti esborsi (6000 € nel 2008 e 9000 € nel 2009) trattandosi – secondo l’id plerumque accidit – delle usuali prestazioni di altri avvocati solo domiciliatari o sostituti d’udienza per l’espletamento di attività processuali in sedi lontane o in situazioni di concomitanza o impedimento), (ved. Cass. Sez. 6-5 n. 22695 dell’8/11/2016)
Il fisco, invece, censura la sentenza all’assolutoria dagli obblighi in materia di IRAP, denunciando sì asserite violazioni di norme di diritto sostanziali ma, in realtà, suggerendo una diversa ricostruzione dei requisiti fattuali dell’autonoma organizzazione senza neppure ricorrere ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5) cod. proc. civ., ipotesi peraltro preclusa dalla c.d. “doppia conforme” (Cass. Sez. U, Sentenze n. 8053 del 07/04/2014 e n. 7931 del 29/03/2013) e senza neppure indicare, con la dovuta autosufficienza, gli elementi a carico del contribuente.
Conseguentemente, il ricorso può essere deciso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375, primo comma, cod. proc. civ. con ordinanza di rigetto del ricorso stesso. Le spese del giudizio di legittimità possono essere compensate in ragione del recente consolidamento della giurisprudenza in materia.
Rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato non si applica l’art. 13 comma 1- quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (nel caso di prenotazione a debito il contributo non è versato ma prenotato al fine di consentire, in caso di condanna della controparte alla rifusione delle spese in favore del ricorrente, il recupero dello stesso in danno della parte soccombente).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; compensa le spese del giudizio di legittimità.
CORTE DI CASSAZIONE
Ordinanza n. 4353
Del 20 febbraio 2017
ESTRATTO
Tributi – Irap – Medico di medicina generale convenzionato con il SSN e di medico del lavoro – Istanza di rimborso
In fatto
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti di M.G. (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto n. 689/24/2015, depositata in data 15/04/2015, con la quale – in controversia concernente l’impu-gnazione del silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria ad istanza del contribuente (esercente la professione di medico di medicina generale convenzionato con il SSN e di medico del lavoro) di rimborso dell’IRAP versata negli anni d’imposta dal 2007 al 2009 – è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso del contribuente.
In particolare, i giudici d’appello, nell’accogliere il gravame del contribuente (ad eccezione del rimborso del primo acconto 2007, stante la tardività dell’istanza presentata), hanno sostenuto che doveva ritenersi insussistente il requisito dell’autonoma organizzazione, presupposto impositivo dell’IRAP, in quanto, in relazione all’attività di medico convenzionato, l’organizza-zione non “ha alcuna rilevanza in quanto non produce vantaggi economici maggiori rispetto a quelli prodotti con le proprie capacità individuali” e la partecipazione alla c.d. medicina di gruppo si rivela inidonea ad incrementare i compensi corrisposti ai singoli medici associati, mentre, in relazione all’attività libero professionale di medico del lavoro, i compensi percepiti erano correlati agli incarichi ricevuti quale “medico aziendale”.
A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.
Si dà atto che il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.
In diritto
- La ricorrente lamenta, con il primo motivo, la violazione o falsa applicazione, ex art. 360 n. 3 c.p.c., degli artt. 2 e 3 D.Lgs. 446/1997, 2697 e 2729 c.c., avendo i giudici della C.T.R. escluso la ricorrenza del requisito dell’autonoma organizzazione, pur in presenza di compensi molto elevati e dell’utilizzo di beni strumentali di valore significativo, nonché, quanto all’anno 2007, di spese per lavoro dipendente (per 4.417,00 annui), e, con il secondo motivo, l’omesso esame, ex art. 360 n. 5 c.p.c., dei fatti storici decisivi rappresentati dalla partecipazione del contribuente all’asso-ciazione “UTAP Ponzano”, dotata di strutture di mezzi e persone (incluso personale infermieristico e di segreteria) e dai “controversi rapporti” con la M. sas, società partecipata dal coniuge del contribuente (avendo l’Ufficio eccepito, sin dal primo grado, che le “spese notevoli” indicate ben potevano “riferirsi a tale società”).
- Il primo motivo è fondato.
Quanto al requisito dell’autonoma organizzazione, in relazione all’atti-vità di lavoro autonomo svolta dal professionista quale medico di medicina generale convenzionato con il SSN, questa Corte a Sezioni Unite (Cass. n. 9451/2016) ha affermato il seguente principio di diritto: “Con riguardo al presupposto dell’IRAP, il requisito dell’autono-ma organizzazione – previsto dall’art. 2 del D.Lgs. 15 settembre 1997, n. 446 -, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio della attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive”.
Nella specie, l’Agenzia incentra il motivo, oltre che su una censura di non esiguità delle spese per beni strumentali, eccedenti il minimo indispensabile, sulla mancata valutazione da parte della C.T.R. dell’apporto dato al professionista, nell’anno 2007, da un dipendente.
Quanto poi all’incidenza delle spese per beni strumentali, occorreva verificare se si trattasse o meno di beni eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’atti-vità professionale in assenza di organizzazione. Come affermato di recente da questa Corte (Cass. 547/2016), “anche una spesa consistente riferita e come tale Inidoneo ad assumere rilievo, quale fattore produttivo di reddito, distinguibile da quello rappresentato dalla stessa attività intellettuale c/o dalla professionalità del lavoratore autonomo”.
Ora, in effetti la C.T.R. non ha motivatamente valutato gli elementi rappresentati dalle spese per beni strumentali (del valore medio di circa € 80.000,00) e per lavoro dipendente, in relazione all’anno 2007, limitandosi ad affermare l’irrilevanza, in ogni caso, per il medico di medicina generale, dei profili di organizzazione dell’atti-vità professionale.
- Il secondo motivo è infondato.
Quanto invero alla partecipazione del medico all’Associazione UTAP, la C.T.R. non ha omesso l’esame del suddetto fatto storico, ma lo ha ritenuto non decisivo, qualificando l’associazione tra medici di medicina generale quale Medicina di Gruppo. Le Sezioni Unite di questa Corte, con la pronuncia n. 7291/201G, hanno di recente affermato il seguente principio di diritto “In materia di imposta regionale sulle attività produttive, la “medicina di gruppo”, ai sensi dell’art. 40 del d.P.R. n. 270 del 2000, non è un’associazione tra professionisti, ma un organismo promosso dal servizio sanitario nazionale, sicché la relativa attività integra il presupposto impositivo non per la forma associativa del suo esercizio, ma solo per l’even-tuale sussistenza di un’autonoma organizzazione; per quest’ultima, è insufficiente l’erogazione della quota di spesa del personale di segreteria o infermieristico comune, giacché essa costituisce il “minimo indispensabile” per l’esercizio dell’attività professionale”.
L’ulteriore fatto allegato dalla ricorrente (i, non meglio specificati, “rapporti” con la società partecipata dalla moglie del contribuente), di cui si lamenta l’omesso esame da parte della C.T.R., non rappresenta un fatto decisivo ai fini della soluzione della controversia.
- Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del primo motivo del ricorso, respinto il secondo, cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla C.T.R. del Veneto, in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo del ricorso, respinto il secondo, cassa la sentenza impugnata, con rinvio, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità, alla C.T.R. del Veneto.