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Il diritto costituzionale all’equo compenso vale anche per noi amministratori

Rosario Calabrese

Economista - Docente universitario - Presidente Nazionale UNAI

 

 

Migliaia di professionisti da tutta Italia si sono incontrati la mattina del 30 novembre 2017 al Teatro Brancaccio di Roma, per ribadire che l’Equo Compenso è un “diritto” e per chiedere il definitivo via libera del Parlamento al provvedimento.
Si è trattato di una manifestazione importante, nella quale ci saremmo aspettati di ritrovare tutte le associazioni di amministratori, dal momento che in materia di compenso noi siamo la professione meno tutelata.
Invece c’eravamo solo noi!

 

 

“Nella Costituzione italiana la dignità è declinata sempre in un’accezione molto «concreta», all’interno delle relazioni sociali dove esprime la propria personalità, esercita i suoi diritti ed adempie ai propri doveri. ([1])

In particolare, nell’articolo 36 dellaCostituzione se ne parla ancora in relazione alla retribuzione del lavoratore, che non deve essere solo correlata alla qualità ed alla quantità del lavoro prestato, ma deve comunque assicurare una esistenza libera e dignitosa al lavoratore stesso ed alla sua famiglia.

Per equo compenso si intende un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, tenendo conto della natura, del contenuto e delle caratteristiche della prestazione professionale.

Per come concepito, l’equo compenso non è, tuttavia, solo espressione di un principio costituzionale applicabile a tutti i lavori, ma una oggettiva esigenza per tutti i consumatori perché li mette al riparo da servizi professionali di bassa qualità.

Se queste sono le premesse per legittimare una politica di tutela del “lavoratore autonomo” o meglio del libero professionista, l’auspicio è che il dibattito si possa ampliare sino ad estendersi sul concetto di mercato e su quello inerente la terziarizzazione di tutti i servizi essenziali nella nostra società.”

Queste argomentazioni che valgono sicuramente per le professioni ordinistiche sono valide per tutte le categorie professionali.

Sono alla base della contrattazione sindacale, per quanto riguarda i lavoratori dipendenti ed erano alla base dei tariffari professionali che prima del decreto Bersani davano la ragion d’essere del Tariffario Professionale.

“Equo compenso” non è equivalente di “tariffario”, ma riconoscimento del fatto che il lavoro intellettuale non è da meno di quello manuale e che, come il lavoratore dipendente, anche il lavoratore autonomo ha diritto alla tutela economica del suo lavoro.

In questa ottica, già nel 2009, UNAI sottoscrisse un Accordo Quadro sindacale ([2]) a tutela dei compensi dell’amministratore, il quale (neanche a dirlo!) fu subito attaccato dai nostri c.d. “cugini” e oggetto di un esposto all’antitrust (che fu costretta a riconoscerne la legittimità!!!).

La proposta di legge citata, prevedeva tutele unicamente per le professioni ordinistiche. Ciò non di meno le argomentazioni sopra riportate valgono anche in favore di alcune categorie professionali non ordinistiche, sprovviste di qualsivoglia tutela rispetto ad un distorto concetto di concorrenza che genera storture e pericolose incrinature fra domanda e offerta del mercato economico, con danno, in primo luogo, dell’utente e gravi tentazioni per il professionista.

Il recepimento di tale istanza da parte della Commissione Bilancio del Senato, invece, come era  logico, plausibile ed inevitabile, ha ritenuto di estendere tali tutele anche in favore di alcune categorie professionali non ordinistiche, provviste di un riconoscimento ed inquadramento, anche se non ordinistico.

Fra queste categorie rientriamo a pieno titolo noi amministratori; infatti “al diritto alla difesa garantito dagli avvocati, alla sorveglianza sanitaria nei luoghi di lavoro garantita dai sanitari, all’assistenza infermieristica alla non autosufficienza garantita dagli assistenti sanitari, alla consulenza aziendale e del lavoro garantita dai consulenti del lavoro, non può, ad esempio, non affiancarsi l’esigenza anche di salvaguardare il nostro patrimonio edilizio residenziale.

Quest’ultima esigenza è oggi soddisfatta dagli amministratori di condominio professionisti, i quali sono i precursori delle professioni non ordinistiche aventi rilievo costituzionale.

Alcuni esempi possono meglio chiarire la portata dell’affermazione. Quando un edificio versa in condizioni fatiscenti e si pone come pericolo per l’incolumità pubblica, le Autorità di polizia e quelle di sicurezza, che intervengono per l’adozione dei provvedimenti di rito, contattano l’amministratore in pectore (non i singoli condòmini), il quale in sé è immediatamente rintracciabile dalla targa esposta in bacheca, all’interno o all’esterno dell’androne d’accesso all’edificio.

Quando il Fisco intende assumere informazioni nei confronti dei contribuenti, laddove residenti all’interno del condominio degli edifici, lo stesso è autorizzato a chiederlo normativamente all’amministratore: reperibile per l’associazione del relativo nominativo con il codice fiscale della compagine.” ([3])

In particolare, noi amministratori di condominio, a differenza di altre categorie che beneficiano del riconoscimento previsto dalla legge 4/2013 (e sono pertanto inseriti nell’elenco gestito dal Ministero dello Sviluppo Economico), non siamo una categoria priva di “regolamentazione”, apparteniamo solo a una professione “non inquadrata in albi e collegi”, a differenza di altre che non hanno né riconoscimento, né inquadramento. Il nostro riconoscimento è sancito dall’art. 71-bis dd.a.c.c., dalla legge 9/2014 e dal  D.M. 140/2014 che regolamenta l’accesso alla professione, i requisiti e gli obblighi formativi e di aggiornamento.

“Gli oneri formativi declinati dal D.M. 140/2014 impongono agli amministratori, sotto l’egida di una responsabilità contrattuale, la cura di adempimenti finalizzati anche soddisfare più esigenze di carattere generale.

Ma vi è di più. Le politiche pubbliche – in via di formazione – tese a salvaguardare i principi dell’efficentamento energetico in condominio, ovvero la prevenzione del dissesto strutturale dei fabbricati con l’adozione di appositi fascicoli, hanno già individuato nell’amministratore del condominio il protagonista indiscusso per la relativa riuscita e messa in opera.

Il ruolo e l’attività dell’amministratore immobiliare andrà, quindi, sempre più ad espandersi – almeno questo nelle previsioni – e, in quanto, tale ha già travalicato la sfera privata del rapporto da cui esso sorge.

In altri termini – e non si rischia di essere provocatori – l’attività posta dall’amministratore si pone in misura strumentale al soddisfacimento di vere e proprie esigenze pubbliche, aventi parimenti rango costituzionale (si pensi, precipuamente, alla tutela della proprietà privata articoli 42 della Carta fondamentale).

Sotto tale profilo, l’amministratore di condominio è un manager avente una competenza multidisciplinare, in grado di assolvere, al contempo, un ruolo di garante dinanzi lo Stato o gli enti esterni con cui si interfaccia per l’espletamento del proprio mandato.

Allo Stato, pertanto, potrebbe apparire ormai anacronistico perseverare sul divieto di applicare un “equo compenso” in favore degli amministratori di condominio riuniti in associazioni private senza scopo di lucro di cui alla legge 4/2013, per come già deliberato da parte dell’Antitrust. Forse, se le confederazioni delle associazioni che riuniscono tali professionisti ci credessero di più di quanto non hanno già fatto (un plauso va a chi a tal proposito si è già esposto), è arrivato il momento di insistere sull’esercizio di tale “diritto”, attraverso forme di pressione politica istituzionale.

A monito di un possibile successo potrebbe deporre, inoltre, una Sentenza della Corte di Giustizia Europea (sent. 8 dic. 2016 C- 532/15), la quale ha riconosciuto la legittimità dell’applicazione di minimi tariffari laddove l’ordinamento nazionale non ne prefigga dei limiti a monte.” ([4])

Il momento è importante, ma prevediamo che, ancora una volta, saremo soli a combattere le battaglie sindacali a tutela della categoria.

Se questo è nella logica delle cose, dal momento che siamo l’unica associazione degli amministratori accreditata per la tutela sindacale della categoria, è anche vero che, se le altre associazioni invece di mirare a “sfruttare” il mercato della formazione (che hanno di fatto inquinato!) ci dessero una mano a tutelarne gli interessi, questa potrebbe essere l’occasione buona per ottenere dei risultati veri.

 

[1]) Vedi avv. Rosario Dolce – http://www.condominioweb .com/amministratore-condominio-equo-compenso.14036

[2] ) https://www.unai.it/pdf/accordoquadro-2009.pdf

[3] ) Vedi avv. Rosario Dolce – op. cit.

[4] ) Vedi avv. Rosario Dolce – op. cit.



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