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Corruzione attiva: scatta la 231/01 e le sanzioni per l’amministratore condominiale

Rosario Calabrese

Economista - Docente universitario - Presidente Nazionale UNAI

Con il recepimento della decisione quadro 2003/568/Gai del Consiglio dell’Unione europea, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato e le modifiche al codice civile apportate dall’art. 19 della legge 12 agosto 2016 n. 170 di recepimento delle normativa europea, anche l’istigazione alla corruzione entra nel dlgs 231/01. Ciò vale sia per le ipotesi di corruzione che per quelle di istigazione.

Di conseguenza si applicano, per la società, le sanzioni inerenti l’interdizione dall’esercizio degli uffici direttivi della società ed il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione.

Qualora tali sanzioni interessassero un amministratore di condominio, esse sarebbero di fatto interdittive ed ostative per lo svolgimento dell’attività, stante la necessità di interfacciarsi correntemente con la P.A.

La sanzione pecuniaria, in tal caso, sarebbe a carico della “società” dell’amministratore, mentre le sanzioni penali e interdittive lo colpirebbero a titolo personale.

In un interessante articolo pubblicato da ItaliaOggi7 in data 27 marzo scorso, rileviamo quanto segue:

“Nei casi di corruzione attiva fra privati, posta in essere da soggetti rappresentativi della società o dell’ente, sale il prezzo che la struttura potrà essere tenuta a pagare attraverso il meccanismo delle quote. Sono gli ulteriori inasprimenti introdotti alle ipotesi di corruzione, che, peraltro vede un incremento della sanzione per quote anche nei casi di corruzione attiva.

Le nuove previsioni dell’art. 25-ter.

Tre specifiche modifiche hanno riguardato il decreto legislativo sulle sanzioni amministrative irrogabili sulle società a seguito di reati compiuti dai relativi organi apicali (art. 25-ter, comma 1, lett. s-bis).

La prima riguarda le ipotesi di corruzione attiva.

Si configura responsabilità ex dlgs 231/01, quando l’autore della corruzione, cioè la società (attraverso un soggetto a lei riferibile) anche per interposta persona offre, promette o dà denaro, o altra utilità, agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci, ai liquidatori e a chi esercita, in ambito organizzativo funzioni direttive della società o dell’ente e alle persone sottoposte alla direzione o vigilanza di uno dei soggetti indicati.

Di norma trattasi di corruzione di «terzi soggetti» in quanto solo la società o l’ente cui appartiene il soggetto corruttore può essere avvantaggiata dalla condotta corruttiva.”

Si pensi all’amministratore che, operando con una srl, induca un manutentore ad una dazione non dovuta, sul corrispettivo di un appalto, oppure, al contrario, ad un manutentore che, per accaparrarsi un appalto condominiale, corrompa l’amministratore del condominio o un suo collaboratore (la classica “segretaria”, perché no!) per ottenere un trattamento privilegiato oppure ottenere l’affidamento di un lavoro o vincere una gara d’appalto.

Non è inverosimile, ancorché non meno deplorevole, il caso in cui l’amministratore ricorra alla dazione di una “mazzetta” per facilitare l’iter di un procedura amministrativa o per l’ottenimento di concessioni o “permessi” (consenziente il condominio!). L’intento in questi casi è “meritevole” (favorire il condominio amministrato) ma la condotta è scorretta e sanzionabile.

“Si pensi ancora all’amministratore di una srl che, corrisponda al sindaco unico,” o al commercialista che si occupa della contabilità, “una somma di denaro per ottenere il suo silenzio in merito ad una operazione contabile da cui la società potrebbe trarre vantaggio (es. mancata svalutazione di crediti inesigibili per non chiudere un bilancio in perdita ed accedere ad un mutuo bancario che, diversamente, alla società sarebbe precluso). In tale ipotesi anche la condotta endosocietaria potrebbe essere oggetto di sanzione.” Ammonisce l’articolo citato.

La dirompenza rivoluzionaria della legge 12 agosto 2016 n. 170, è sfuggita ai più, forse per il periodo – agosto – in cui è stata emanata, sta di fatto che la questione “corruzione” non è più considerata in relazione alla sola Pubblica Amministrazione, ma investe anche il settore privato.

UNAI, come sempre attenta – ed unica luce nel buio del mondo condominiale – ha immediatamente percepito il rischio, ma soprattutto la “opportunità” che le modifiche al codice civile comportano.

Non vi è dubbio che anche nella nostra compagine possa annidarsi un “mazzettaro” ciò non di meno la onestà di fondo dei nostri amministratori UNAI e la loro rettitudine morale hanno l’opportunità, finalmente, di farsi valere e di esse un elemento di discrimine.

Siamo gli unici amministratori d’Italia a disporre di un”Accordo Quadro” che ci tutela, per quanto al compenso, in caso di lavori straordinari di notevole entità. Questa è l’occasione per mettere “fuori gioco” la concorrenza e scacciarli dal mercato.

La convenzione per la “Certificazione Etica” sottoscritta da UNAI ci da un’arma in più.

Usiamola.

“Tornando alle novità per il delitto di corruzione tra privati, di cui al terzo comma dell’articolo 2635 c.c., la sanzione pecuniaria viene innalzata passando dalle previgenti «da duecento a quattrocento quote», alle attuali «da quattrocento a seicento quote».

La seconda novità attiene ai riflessi in termini di dlgs 231/01 rispetto al nuovo art. 2635-bis. Nei casi di «istigazione alla corruzione passiva» di cui al primo comma dell’articolo citato viene prevista la sanzione pecuniaria, in capo alla società, «da duecento a quattrocento quote». Si tratta di una nuova applicazione della responsabilità amministrativa dell’ente, stante, la novità attinente il reato.

La terza innovazione attiene alla circostanza che in entrambe le ipotesi di reato (cioè sia quelle di cui al modificato comma 3° dell’art. 2635 c.c., che, del nuovo comma 1° dell’art. 2635-bis) troveranno applicazione le sanzioni interdittive di cui all’art. 9, comma 2 del dlgs 231/01.

In altri termini, la società o l’ente, che attraverso un intraneo abbia corrotto terzi o istigato la corruzione diverrà passibile di:

  1. a) interdizione dall’esercizio dell’attività;
  2. b) sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;
  3. c) divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
  4. d) esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi;
  5. e) divieto di pubblicizzare beni o servizi.”

La “Certificazione Etica” ha un costo irrisorio (€ 100,00 alla prima emissione ed € 60,00 per i due anni ulteriori del triennio).

Detta certificazione viene erogata da ente estraneo all’UNAI e oltre al “dovere” di correttezza richiede solo la sottoscrizione di un Disciplinare, di un Codice Etico e l’adesione ad un Piano Triennale di Verifiche.

Non si tratta di un grande impegno (né economico, né comportamentale) per un professionista che già opera correttamente.

Il vantaggio mediatico e pubblicitario è però immenso.

Pensate a quando presenterete i vostri preventivi per l’acquisizione di un condominio!

Pensate all’ipotesi di essere accusati, ingiustamente, dai condomini, di “intrallazzo”.

Pensate a come saranno “spiazzati” i vostri concorrenti!

Si tratta di un’opportunità da non perdere!

 

 

 

GLI ARTICOLI DEL

NOVELLATO CODICE CIVILE

 

Articolo 2635 – (Corruzione tra privati)

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, di società o enti privati che, anche per interposta persona, sollecitano o ricevono, per sé o per altri, denaro o altra utilità non dovuti, o ne accettano la promessa, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, sono puniti con la reclusione da uno a tre anni. Si applica la stessa pena se il fatto è commesso da chi nell’ambito organizzativo della società o dell’ente privato esercita funzioni direttive diverse da quelle proprie dei soggetti di cui al precedente periodo.

Si applica la pena della reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al primo comma.

Chi, anche per interposta persona, offre, promette o dà denaro o altra utilità non dovuti alle persone indicate nel primo e nel secondo comma, è punito con le pene ivi previste.

Le pene stabilite nei commi precedenti sono raddoppiate se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni.

Si procede a querela della persona offesa, salvo che dal fatto derivi una distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o servizi.

Fermo quanto previsto dall’articolo 2641, la misura della confisca per valore equivalente non può essere inferiore al valore delle utilità date, promesse o offerte.

 

Articolo 2635-bis – (Istigazione alla corruzione tra privati)

«Chiunque offre o promette denaro o altra utilità non dovuti agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci e ai liquidatori, di società o enti privati, nonché a chi svolge in essi un’attività lavorativa con l’esercizio di funzioni direttive, affinché compia od ometta un atto in violazione degli obblighi inerenti al proprio ufficio o degli obblighi di fedeltà, soggiace, qualora l’offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nel primo comma dell’ar-ticolo 2635, ridotta di un terzo.

La pena di cui al primo comma si applica agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci e ai liquidatori, di società o enti privati, nonché a chi svolge in essi attività lavorativa con l’esercizio di funzioni direttive, che sollecitano per sé o per altri, anche per interposta persona, una promessa o dazione di denaro o di altra utilità, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, qualora la sollecitazione non sia accettata.

Si procede a querela della persona offesa.»

 

Art. 2635-ter – (Pene accessorie)

La condanna per il reato di cui all’articolo n. 2635 comma 1, importa in ogni caso l’inter-dizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese di cui all’art. 32-bis del codice penale nei confronti di chi sia già stato condannato per il medesimo reato o per quello di cui all’art. 2635-bis comma 2.

  



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