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Ruolo dell’amministratore di condominio nel procedimento di mediazione

Claudio Turci

Avvocato del Foro di Roma - Consulente del Centro Studi Condominiali di Roma - Membro del Servizio di Consulenza Nazionale UNAI

 

Con quali modalità e facoltà l’Amministratore svolge il procedimento di mediazione obbligatoria e come viene in essere l’adempimento del suo mandato all’interno dello stesso?
I criteri e le operazioni da eseguire sono molteplici, sempre però strettamente attinenti alla rappresentanza del Condominio chiamato in mediazione.

 

E’ opportuno ricordare che, tutte le controversie riguardanti il condominio, rientrano nell’ambito di applicazione dell’istituto della mediazione obbligatoria, la cui obbligatorietà è diventata definitiva con la L. 96/2017, rendendo l’esperimento del procedimento di mediazione condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

A questo punto preme analizzare il ruolo dell’amministratore di condominio in sede di mediazione, dal momento che il condominio deve essere necessariamente rappresentato dall’amministratore, il quale dovrà convocare l’assemblea per ottenere la legittimazione a partecipare alla mediazione nonché, eventualmente, per la nomina di un legale che rappresenti l’ente di gestione (art. 71-quater delle disp. att. c.c.).

Il condominio non ha, infatti, soggettività giuridica distinta da quella dei singoli condomini, essendo un ente in cui la gestione delle cose comuni è demandata all’amministratore, che non è un organo del condominio, ma un rappresentante dei condomini in base a mandato collettivo, per la gestione delle cose, impianti e servizi comuni.

A conferma di quanto esposto, si veda l’art. 71 quater disp. att. c.c., il quale dispone al terzo comma che al procedimento “è legittimato a partecipare l’amministratore, previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice civile“.

Ciò significa che il quorum deliberativo deve essere costituito, sia in prima che in seconda convocazione, da un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti in assemblea e almeno la metà del valore dell’edificio, ferma restando ovviamente la validità del quorum costitutivo, di cui al primo e al secondo comma dell’art. 1136 c.c., formato dai condomini che rappresentino: in prima convocazione, la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell’intero edificio; in seconda convocazione, un terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell’intero edificio.

Qualora i termini di comparizione davanti all’organismo di mediazione non consentano di ottenere la delibera di legittimazione in favore dell’amministratore, è possibile ottenere, previa apposita istanza, una proroga della data di prima comparizione.

La partecipazione dell’amministratore al procedimento di mediazione può assumere funzioni differenti in base alla posizione a costui attribuita: a parte la partecipazione a carattere materiale, strumentale e non decisoria dell’amministratore (visione del ricorso avversario, acquisizione del regolamento dell’Organismo, ecc.) occorre distinguere l’ipotesi in cui l’amministratore sia chiamato alla mediazione in veste di legittimato passivo, da quella in cui sia lui stesso a promuovere la mediazione: altro è infatti la pura e semplice partecipazione materiale e strumentale alla procedura, altro è la fase della partecipazione, attiva o passiva, alla procedura, finalizzata ad agire come attore o a resistere come convenuto ed altro ancora è la non partecipazione finalizzata a far fallire l’accordo conciliativo.

L’amministratore può partecipare al procedimento in funzione di semplice rappresentante della volontà condominiale, senza poter esercitare in maniera diretta il potere decisionale al posto dei vari condomini. L’amministratore assolve, infatti, alla mera funzione di rappresentante e mediatore con facoltà di agire in giudizio sia contro i condomini stessi sia contro terzi.

Quanto alla partecipazione dell’amministratore quale proponente la mediazione, occorre tener conto del disposto di cui all’art. 1136, quarto comma, c.c., per il quale, le deliberazioni assembleari relative a liti attive e passive, concernenti in materie che esulano dalle attribuzioni dell’amministratore devono essere prese dall’assemblea, tanto in prima che in seconda convocazione, con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti all’assemblea e la metà del valore dell’edificio o delle quote millesimali.

Differente è la situazione inerente le liti rientranti nelle attribuzioni proprie dell’amministratore – quali definite dall’art. 1130 o dal regolamento condominiale –  per le quali non è necessaria alcuna autorizzazione dell’assemblea.

L’amministratore ha la rappresentanza processuale dei condomini e può agire in giudizio senza necessità di alcuna autorizzazione assembleare quando agisca nell’ambito delle proprie attribuzioni, quali definite dall’art. 1130 o dal regolamento condominiale. L’elenco di tali attribuzioni comprende l’esecuzione delle delibere assembleari, l’osservanza del regolamento condominiale, l’uso delle cose comuni e dei servizi comuni, la riscossione dei contributi condominiali, l’erogazione delle spese sulle parti comuni e sui servizi comuni e il compimento degli atti conservativi.

Tuttavia, i confini tra i poteri di rappresentanza propria dell’amministratore e quelli della rappresentanza autorizzata dall’assemblea non sono sempre agevoli da definire, tanto che spesso l’amministratore preferisce, nell’incertezza, convocare l’assemblea per essere autorizzato ad agire in giudizio, anche se disponga di poteri propri.

L’assemblea, se chiamata a decidere, delibera invece con le maggioranze ordinarie e cioè, in prima convocazione, con la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio e, in seconda convocazione, con la maggioranza di un terzo di voti favorevoli rispetto al numero totale dei condomini ed almeno un terzo del valore millesimale. E, dunque, la rinuncia dell’amministratore al potere di rappresentanza in forza dei suoi poteri, per subordinare l’opportunità dell’azione al parere favorevole dell’assemblea, deve ritenersi legittima e per tale parere favorevole è sufficiente la maggioranza ordinaria.

Nell’ipotesi di condominio senza amministratore, invece, sono applicabili ai singoli condomini le norme comuni in materia di legittimazione processuale attiva e passiva, con tutto quello che ne consegue anche in punto di litisconsorzio.

Nel caso in cui l’amministratore non dovesse informare il condominio dell’istanza di mediazione o non dovesse presenziare all’incontro e non dare attuazione al deliberato, può essere revocato giudizialmente in base all’articolo 1129, comma 12, n. 2 c.c. e tenuto al risarcimento del danno, eventualmente subito, o che verrà subito, dal condominio.

Giunti alla fase decisionale dell’iter della mediazione, relativa all’approvazione o reiezione dell’accordo conciliativo, non possono che seguirsi i già noti principi della materia condominiale. In tal senso l’approvazione può avvenire ad opera dell’amministratore nelle materie di sua competenza o, ad opera dell’assemblea, nelle altre materie.

In fase decisionale si prospettano due possibili esiti:

– nell’ipotesi in cui si raggiunga un accordo, il mediatore redigerà apposito verbale allegando il testo dell’accordo medesimo, il quale, una volta sottoscritto anche dagli avvocati dalle parti, costituirà “titolo esecutivo“;

– nell’ipotesi in cui, invece, non si pervenga ad un accordo, è compito del mediatore formulare una proposta di conciliazione, alla quale le parti, entro un termine congruo (di regola 7 giorni), dovranno rispondere, comunicando, per iscritto, la loro accettazione o il rifiuto; l’eventuale silenzio equivale al rifiuto della proposta.

Anche in tal caso, l’art. 71 quater disp. att. c.c. prevede al quinto e al sesto comma, in merito alla “proposta di mediazione” che la stessa venga approvata dall’assemblea con la maggioranza richiesta dall’art. 1136, secondo comma, c.c.; a tal fine, il termine di sette giorni fissato in linea generale per l’accettazione o meno della proposta può essere derogato dallo stesso mediatore in ragione della “necessità per l’amministratore di munirsi della delibera assembleare“.

Volendo riassumere brevemente l’iter di avvio della procedura di mediazione e il ruolo dell’amministratore:

  • se il condominio viene invitato alla mediazione, l’ Organismo di mediazione o l’avvocato di controparte invierà l’invito a presentarsi e normalmente non vi è il tempo per convocare l’assemblea ex art.71 quater disp. att. c.c., pertanto, l’amministratore informerà l’ organismo il quale dispone il rinvio. L’ammini-stratore, di seguito, convoca l’assemblea e richiede la delibera per partecipare o meno alla mediazione. Sempre l’ammi-nistratore nomina l’avvocato del condominio prescelto dall’assemblea, il quale predisporrà gli atti. L’avvocato e l’amministratore partecipano all’incon-tro e comunicano la volontà dell’assem-blea;
  • mentre, se il condominio deve avviare una controversia condominiale, l’ammi-nistrazione convocherà l’assemblea e richiederà il mandato ad agire. In seguito, viene nominato l’avvocato, il quale propone la domanda all’ Organismo di mediazione. Si proseguirà con l’incontro di mediazione e il successivo iter, a seconda del comportamento di controparte

Concludendo, si nota con evidenza che “l’essenza delle funzioni dell’Amministra-tore è imprescindibilmente legata al potere decisionale dell’assemblea, ossia è l’assem-blea l’organo deliberativo del condominio e l’organo cui compete l’adozione di decisioni in materia di amministrazione dello stesso, mentre l’amministratore riveste un ruolo di mero esecutore materiale delle deliberazioni adottate in seno all’assemblea. Nessun potere decisionale o di gestione compete all’amministratore di condominio, […] Ne consegue che, anche in materia di azioni processuali, il potere decisionale spetta solo ed esclusivamente all’assemblea. Un tale potere decisionale non può competere all’amministratore che, per sua natura, non è un organo decisionale ma meramente esecutivo del Condominio” (sentenza delle Sezioni Unite n. 18331 del 2010).

 

FOCUS
Art. 71 quater disp. att. cod. civ.
Per controversie in materia di condominio, ….
Al procedimento è legittimato a partecipare l’amministratore, previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice.
Se i termini di comparizione davanti al mediatore non consentono di assumere la delibera di cui al terzo comma, il mediatore dispone, su istanza del condominio, idonea proroga della prima comparizione.
La proposta di mediazione deve essere approvata dall’assemblea con la maggioranza di cui all’articolo 1136, secondo comma, del codice. Se non si raggiunge la predetta maggioranza, la proposta si deve intendere non accettata.
Il mediatore fissa il termine per la proposta di conciliazione di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, tenendo conto della necessità per l’amministratore di munirsi della delibera assembleare.

 

 

Tuttavia l’amministratore, ricevuti i poteri e le istruzioni dell’assemblea, non può davanti al mediatore, limitarsi ad un ruolo formalistico e burocratico di mero portavoce dei condomini poiché il presupposto dell’istituto è, al contrario, una certa elasticità e lo sforzo delle parti a trovare alternative alla lite pendente al fine di sbloccare la controversia. Nella mediazione viene cioè richiesta all’amministratore una certa duttilità e capacità interpretativa dello spirito e della volontà assembleare per evitare di ridurre la procedura ad una mera formalità.

 

Riferimenti normativi e giurisprudenziali:

  • Lgs. 28/2010 → D.L. 69/2013 convertito in L. 98/2013
  • 71 quater disp. att. c.c.
  • Sentenza delle Sezioni Unite 18331 del 2010


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