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Le tabelle millesimali: il documento di riferimento per la gestione del condominio

Claudio Turci

Avvocato del Foro di Roma - Consulente del Centro Studi Condominiali di Roma - Membro del Servizio di Consulenza Nazionale UNAI

Gli articoli 68 e 69 Disp. Att. Cod. Civ. così come  modificati dalla L. 220/2012 contengono disposizioni più chiare e precise in ordine ai valori millesimali e alla loro eventuale rettifica o modificazione talché le relative tabelle, quali principali documenti di gestione condominiale, potranno ancor più adeguatamente rimanere la base di una corretta ed esatta amministrazione.

L’art. 68 Disp. Att. Cod. Civ. stabilisce che il valore proporzionale di ciascuna unità immobiliare è espresso in millesimali in apposita tabella allegata al regolamento del condominio. E’ utile sottolineare che tale disposizione è strettamente collegata con l’art. 1118 c.c. il quale dispone chiaramente che i diritti di ogni condòmino sulle parti comuni sono proporzionali al valore dell’unità immobiliare che gli appartiene. Dovendo il condòmino partecipare obbligatoriamente, ai sensi del secondo comma della norma poc’anzi citata, alle parti comuni o, meglio, non potendo rinunziare al suo diritto su quest’ultime, al diritto stesso deve essere attribuito un determinato valore al fine di delineare in modo quantitativo, sia per fini economici sia per fini finzanziari e sia soprattutto per fini di gestione della cosa comune, il quantum di partecipazione dettagliato e analitico.

Questa ‘quantità di valore’, di cui risulta titolare ciascun comproprietario, del piano o della porzione di piano ragguagliata a quella dell’intero edificio, deve essere espressa in millesimi in apposita tabella allegata al regolamento di condominio.

Come dispone l’art. 68 comma 2° Disp. Att. Cod. Civ., è bene sottolineare che, nell’accertamento dei valori millesimali non deve tenersi conto del canone locatizio, dei miglioramenti e dello stato di manutenzione di ciascun piano o di ciascuna porzione di piano. Quindi, laddove un condòmino avesse completamente ristrutturato il proprio appartamento con dei materiali pregiatissimi o rari e mediante opere artistiche e decorative uniche ovvero qualora lo avesse locato ad un prezzo altissimo, oltremodo al di sopra del mercato, oppure avesse modificato gli interni e gli esterni dell’immobile in modo totale e complessivo apportando allo stesso sostanziali e costosi miglioramenti, l’unità abitativa medesima sarebbe assegnataria dello stesso identico valore millesimale che le verrebbe attribuito laddove risultasse abbandonata, fatiscente e in disuso.  Infatti la quota millesimale ha un contenuto patrimoniale, costituita da una quota ideale di comproprietà dell’area e delle altre parti e impianti comuni dell’edificio, ed è rappresentata da un valore, quindi non da una superficie o numero di vani o cubatura o consistenza benché meno da materiali o rivestimenti pregiati, il quale deve essere rapportato proporzionalmente a quello dell’intero edificio. Bisogna dunque tener conto dell’edificio com’era in origine, indipendentemente dalle migliorie apportate dai proprietari nelle rispettive unità. La quota millesimale può essere determinata anche in modo diverso da quanto previsto ex lege in base al principio della salvaguardia del titolo contrario ex art. 1118 c.c.; pertanto anche le tabelle millesimali create contrattualmente in maniera difforme dai crirteri normativi, come quelle allegate agli atti di compravendita di ogni appartamento, sono pienamente valide ed efficaci. Comunque è fuor di dubbio, riferendomi anche al titolo di questo articolo, che le tabelle millesimali costituiscano il primario e basilare documento pepr la corretta gestione dell’amministrazione condominiale sia riguardo all’esatta suddivisione delle spese (di vitale importanza) e sia riguardo ai vari quorum assembleari in ordine alla relativa costituzione e deliberazione maggioritaria.

Per gli edifici esistenti antecedentemente all’entrata in vigore del codice civile del 1942 è utile controllare gli atti di acquisto originali. Naturalmente, prima di tale raccolta normativa, non vi era cenno di millesimi o di tabelle millesimali e, spesso,  in detti rogiti di compravendita sono contenute indicazioni di ‘parti’, ‘frazioni’, ‘centesimi’ ovvero di quote, difformi dalla millesimazione sub specie, comunque utili all’attribuzione del valore a ciascun condòmino. Invero con una semplice operazione matematica, senza procedere (con status edilizio immutato) a perizie o revisioni, si tramuteranno in millesimi ciò che risulta in centesimi, parti e frazioni; operazione questa che qualsiasi amministratore può effettuare, prestando ineluttabile attenzione che le quote descritte negli atti siano relative anche alla “comproprietà” e non per la ripartizione delle spese.

In ogni caso la creazione ovvero la riformulazione delle tabelle millesimali non presenta particolari difficoltà: la quota di comproprietà del singolo ha un valore patrimoniale e la relativa quantificazione all’interno dell’apposita tabella si forma evidenziando la superficie reale delle proprietà esclusive (se i piani sono tutti della stessa altezza) ovvero la cubatura reale (se i piani sono di diversa altezza). Si devono poi considerare l’altezza dal suolo, – in relazione anche all’esistenza o meno dell’a-scensore-, l’esposizione – verso strada o cortile ecc. – piano, razionalità interna dell’immo-bile di proprietà esclusiva, pertinenze ed accessori, destinazione promiscua o meno dell’edificio -abitazioni con negozi o depositi ecc.-; quest’ultimo, tra l’altro, è l’elemento più determinante riguardo alla differenziazione nei valori tra le varie comproprietà.

Per ogni proprietà esclusiva, in rapporto a ciascun elemento di valutazione, si scelgono i cofficenti ritenuti utili; quindi si moltiplicano tra loro tutti i coefficenti e si ottiene un coefficiente unico globale. Quest’ultimo viene moltiplicato per la ‘superficie’ ovvero per la cubatura ‘effettiva’ ottenendo come risultato la ‘superficie’ o cubatura virtuale’. Sommando tutte le superfici virtuali e dividendo poi per mille si ottiene infine un quoziente che, moltiplicato per ciascuna ‘superficie o cubatura’, darà la caratura millesimale di ciascuna proprietà esclusiva.

Quando in un condominio non esistono le tabelle millesimali, ciascun condominio può attivarsi per la loro determinazione. Qualora non sia possibile addivenire ad un accordo tra tutti, la formazione delle tabelle può essere chiesta all’autorità giudiziaria mediante un giudizio a cognizione piena nei confronti di tutti i comproprietari: dunque l’interessato alla creazione delle tabelle deve convenire innanzi al Tribunale tutti i condomini comproprietari. Antecedentemente e in ogni caso fino a pochi anni addietro, le tabelle millesimali, qualunque fosse l’origine della loro formazione (se predisposte dal costruttore o derivanti da accordo unanime oppure determinate dal tribunale) erano, i forza di un orientamento decennale della Corte di Cassazione, modificabili solamente con l’accordo di ciascun partecipante alla comunione: la loro modifica richiedeva cioè la stipulazione di un accordo da parte di tutti gli interessati. Successivamente vi è stata una radicale ed importantissima svolta giurisprudenziale in ordine alla rettifica e modifica delle tabelle: le sezioni Unite della Cassazione con la sentenza 18477 del 2010 hanno cambiato prospettiva stabilendo che le tabelle millesimali, e la loro eventuale modifica, non devono essere approvate all’unanimità dei condomini bensì con la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136 2° comma codice civile. Tale provvedimento giudiziale rappresenta e ha rappresentato un epocale rivoluzione per la creazione e la rettifica delle tabelle millesimali: ha sbloccato l’insormontabile chiusura dell’approva-zione all’unanimità che rendeva le medesime tabelle praticamente immodificabili. Sostanzialmente ha eliminato i grandi costi e le lungaggini processuali derivanti a colui che, volendo promuovere un giudizio al fine di attribuire i corretti millesimi a piani o porzioni di piano ovvero a locali sorti dopo l’origine dell’edificio e scaturiti da sopraelevazioni o mansarde tramutate in abitazioni o da verande chiuse e trasformate in stanze, doveva convenire in causa tutti i partecipanti al condominio.

La spiegazione di ciò risiede nel fatto che la sentenza succitata dispone che le tabelle millesimali, siccome atti non aventi natura negoziale, non abbisognano del consenso unanime dei condomini, bensì della sola maggioranza qualificata di cui all’art. 1136 comma 2° c.c.. Ciò essenzialmente perché, le stesse non incidono sul diritto di proprietà di ciascun condomino ma si limitano ad accertare il valore di tali unità rispetto all’intero edificio, e tanto ai soli fini delle spese di gestione. Le tabelle millesimali, pertanto, quando si limitano a consacrare i criteri legali per la ripartizione delle spese e non derogano espressamente ai criteri stabiliti dalla legge, possono adottarsi con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio; peraltro l’accettazione può avvenire anche per facta conclundentia, desumibile dall’approvazione delle delibere di approvazione del riparto delle spese ovvero tacitamente, mostrando accondiscendenza ai criteri di ripartizione con la relativa reiterata e ripetuta adesione. La Corte di Cassazione con questa pronuncia definisce che “…la delibera che approva le tabelle (anche se allegate ad un regolamento condominale) non si pone come fonte diretta dell’obbligo contributivo del condomino, ma solo come parametro di quantificazione dell’obbligo, determinao in base a una valutazione tecnica che non può qualificarsi attività negoziale…” Quindi laddove le tabelle millesimali vadano ad incidere soltanto sull’obbligo contributivo, con l’applicazione dei criteri legali e di riferimento normativo, le stesse non devono essere approvate con l’unanimità dei consensi bensì con il quorum deliberativo ex art. 1136 comma 2° c.c.; qualora, al contrario, possano mutare o creare il diritto di proprietà sulle parti comuni ovvero incidano sul valore della proprietà dei singoli condomini anche in rapporto all’intero edificio, devesi ritenere obbligatorio un negozio di accertamento per il quale è richiesta la volontà unanime di tutti i condomini.

La nuova formulazione dell’art. 69 Disp. Att. Cod. Civ. derivata dalla L. 220/2012 sembrava aver soppresso il principio poc’anzi delineato emesso dalla Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite: in altri termini in detta norma viene -o meglio verrebbe- sempre sancita la necessità dell’unanimità dei consensi nel caso di revisione delle tabelle millesimali e, solo in due ipotesi residuali, in caso di errore o di mutamento delle condizioni dell’edificio condominiale, la possibilità di procedere alla rettifica con la maggioranza di cui all’art. 1136 comma 2° c.c., pertanto, con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti in assemblea e almeno la metà del valore dell’edificio.

Al contrario, il Tribunale di Siena con sentenza del 4 maggio 2015, confermando e riprendendo l’inidirizzo sopra descritto delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 2010, afferma che è necessaria l’unanimità dei consensi solo per quelle modifiche delle tabelle che comportino una ripartizione delle spese condominiali differente rispetto ai criteri imposti dalla legge. Solo in questo caso, quindi, è necessaria l’unanimità dei consensi, anche nella vigenza della nuova normativa. Invero il Tribunale conclude sostenendo il principio per cui: “la regola dell’unanimità di cui all’art. 69 disp. att. c.c., all’indomani della riforma, rinviene il proprio ambito di operatività con riferimento alle “modifiche” intese come espresse convenzioni di deroga ai criteri di proporzionalità di cui all’art. 1118-1123 c.c. art. 68 disp att. c.c.; laddove, invece, alle deliberazioni aventi ad oggetto non la modifica della portata dei diritti e doveri di partecipazione alle spese relative alla cosa comune, bensì soltanto la relativa quantificazione, trattandosi di delibere avente valore non negoziale, ma regolamentare, opererà il criterio, ormai invalso in giurisprudenza, della maggioranza qualificata”. Peraltro a conferma di ciò sovviene l’ultimo comma dello stesso art. 69 disp. att. c.c., nel testo oggi in vigore, prevedendo espressamente che: “Le norme di cui al presente articolo si applicano per la rettifica o la revisione delle tabelle per la ripartizione delle spese redatte in applicazione dei criteri legali o convenzionali”. Dunque per le modifiche alle tabelle millesimali che non vanno ad incidere sui criteri di calcolo proporzionali (ex art. 68 disp. att. c.c., 1123, 1124, 1126 c.c.), risulterebbe ancora sufficiente la maggioranza di cui al 2° comma dell’art. 1136 c.c. e, pertanto, un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.

In ultimo deve sottolinearsi che in un condominio coesistono diverse tabelle: si parte dalla tabella denominata classicamente con la lettera ‘A’ (la più impoprtante), ovvero quella relativa al valore di comproprietà del singolo, quale strumento fondamentale  per manutenzione e conservazione delle parti comuni, per poi passare a tutte le altre relative all’utilizzo e fruizione di beni e servizi condominiali, sia in via differenziata, sia in via parziale ovvero in esclusiva.



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