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Condominio e privacy: i dati personali meritevoli di tutela

Stefania Massaro

Avvocato del Foro di Roma - Consulente CSC - Segretario Nazionale UNAI

 

Il condominio è un luogo di   stretta convivenza tra persone dove è essenziale l’equilibrio tra la trasparenza della gestione della cosa comune e il diritto alla riservatezza di ciascuno, garantito dal  Codice della Privacy

 

Le diverse informazioni, sugli inquilini, sui condòmini, sugli appartamenti, sulla natura e sulla quantità dei consumi, contenute negli archivi condominiali vanno oltre il semplice elenco dei nominativi dei proprietari e, se non opportunamente trattate, potrebbero rivelare informazioni anche delicate sui vari abitanti del palazzo.

In questo ambito, sia l’amministratore nell’esercizio delle proprie funzioni che l’assemblea, quale organo deliberante, nella gestione pratica del condominio si trovano a dover trattare una serie di dati sensibili, imputabili ai condomini.

Dopo l’approvazione della l. n. 675/1996 e successive modificazioni (c.d. “legge sulla privacy”) sono sorti una serie di interrogativi, in particolare circa la liceità da parte dell’amministratore di richiedere la copia degli atti notarili per verificare l’effettivo diritto di partecipazione all’assemblea condominiale; di comunicare al condomino richiedente l’elenco dei proprietari di singole unità immobiliari; di redigere e comunicare ai condomini i prospetti contabili con le relative posizioni attive e passive, ecc.

In ambito condominiale, le informazioni relative al riparto delle spese, all’entità del contributo dovuto da ciascuno e alla mora nel pagamento degli oneri pregressi possono senz’altro essere oggetto di trattamento, anche senza il consenso dell’interessato, come si ricava dall’art. 24 del Codice. Difatti, le attività di gestione ed amministrazione delle parti comuni implicano che l’amministratore possa procedere alla raccolta, registrazione, conservazione, elaborazione e selezione delle informazioni concernenti le posizioni di dare ed avere dei singoli partecipanti al condominio. Del pari, ragioni di buon andamento e di trasparenza giustificano una comunicazione di questi dati a tutti i condomini, non solo su iniziativa dell’amministratore in sede di rendiconto annuale o di assemblea ovvero nell’ambito delle informazioni periodiche trasmesse nell’assolvimento degli obblighi scaturenti dal mandato ricevuto, ma anche su richiesta di ciascun condomino, essendo questi investito di un potere di vigilanza e di controllo sull’attività di gestione delle cose, dei servizi e degli impianti comuni, che lo abilita a domandare in ogni tempo all’amministratore informazioni sulla situazione contabile del condominio, comprese quelle che riguardano eventuali posizioni debitorie degli altri partecipanti. Non bisogna dimenticare, poi, che il trattamento dei dati personali, per essere lecito, deve avvenire nell’osservanza dei principi di proporzionalità, di pertinenza e di non eccedenza rispetto agli scopi per i quali i dati stessi sono raccolti (art. 11 del Codice).

Sull’amministratore del condominio, pertanto, grava il dovere di adottare le opportune cautele per evitare l’accesso a quei dati da parte di persone estranee al condominio. Ora, l’affissione nella bacheca dell’androne condominiale del dato personale concernente le posizioni di debito del singolo condomino va sicuramente al di là della giustificata comunicazione dell’informazione ai soggetti interessati nell’ambito della compagine condominiale; tale affissione, infatti, avvenendo in uno spazio accessibile al pubblico, non solo non è necessaria ai fini dell’amministrazione comune, ma, soprattutto, si risolve nella messa a disposizione di quei dati in favore di una serie indeterminata di persone estranee e, quindi, in una indebita diffusione, come tale illecita e fonte di responsabilità civile, ai sensi degli artt. 11 e 15 del Codice.

Di questa faccenda se ne è occupata anche la Cassazione con l’ordinanza 186/2011.

Nello specifico una proprietaria di un appartamento conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Napoli il condominio ed il suo amministratore, per sentirli condannare al risarcimento dei danni derivanti dall’esposizione nella bacheca condominiale di dati ritenuti sensibili, in violazione della normativa sulla protezione dei dati personali e alla cessazione dei comportamenti illegittimi. Si costituivano il condominio e l’amministratore, contestando l’avversa pretesa. L’adito Tribunale, rigettava la domanda. Secondo il primo giudice, l’esposizione nella bacheca condominiale dell’elenco dei condomini, con le relative quote condominiali, sia correnti che arretrate, riferite per nome e cognome a ciascun proprietario di piano o porzione di piano, non viola la disciplina dettata dal codice in materia di protezione dei dati personali, approvato con il Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196. La doglianza – ha affermato il Tribunale – non corrisponde ad una posizione giuridicamente tutelata. L’esibizione dei dati in oggetto è funzionale alla buona amministrazione del condominio, consentendo a tutti coloro che vi partecipano l’esatta conoscenza delle spese condominiali e del riparto tra i condomini delle stesse, secondo le tabelle millesimali. Si tratta – ha concluso il primo giudice – di una esigenza di efficienza, e di controllo dell’operato dell’amministratore, che prevale sul diritto alla riservatezza, tanto più, per un verso, che non si tratta di dati personali, sensibili, ma di meri dati contabili, di interesse comune ai condomini, e, per l’altro verso, che l’esposizione avviene all’interno degli spazi condominiali, sicché l’accesso da parte di terzi è meramente eventuale.

Avverso la detta sentenza veniva poi proposto ricorso in Cassazione

Occorre premettere che i dati riferiti ai singoli partecipanti al condominio, raccolti ed utilizzati per le finalità riconducibili alla disciplina civilistica di cui all’articolo 1117 c.c. e ss., ed alle relative norme di attuazione, ivi compresi quelli relativi alle posizioni debitorie di ciascuno nei confronti della collettività condominiale, costituiscono dati personali, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, lettera b). Infatti, l’elemento qualificante dell’informazione, perché possa essere considerata dato personale, è rappresentato esclusivamente dal fatto che essa si riferisca ad un soggetto determinato o determinabile. La misura in cui ciascun condomino è tenuto a partecipare alle spese condominiali e i dati relativi alla mora nel pagamento dei contributi, hanno certamente una valenza contabile, di interesse ai fini della gestione collettiva, ma ciò non fa venir meno la loro natura di dati personali, soggetti, in quanto tali, alla disciplina del codice e alle regole generali per il trattamento che esso delinea. Affinché questa disciplina sia applicabile, non occorre che il dato sia anche sensibile (ossia idoneo a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, ovvero, ancora, idoneo a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale), giacché l’appartenenza dell’informazione alla sottoclasse dei dati sensibili comporta la previsione di una disciplina di tutela e di garanzia ulteriore contro i rischi della circolazione (come ad esempio, l’articolo 26 del codice), in considerazione della intrinseca attitudine di questi dati ad essere strumentalizzati per fini discriminatori.

Ha concluso la Corte che ha pertanto errato la sentenza impugnata a ritenere prevalenti, sul “diritto alla riservatezza”, “esigenze di efficienza” sul presupposto che tale bilanciamento non tiene conto del rango di diritto fondamentale assunto dal diritto alla protezione dei dati personali, tutelato dall’articolo 2 della Costituzione italiana e dall’articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea: diritto a mantenere il controllo sulle proprie informazioni che, spettando non solo alle persone in vista ma a “chiunque” (articolo 1 del codice) e ad “ogni persona” (articolo 8 della Carta) nei diversi contesti ed ambienti di vita, concorre a delineare l’assetto di una società rispettosa dell’altro e della sua dignità in condizioni di eguaglianza.

La sentenza impugnata veniva quindi cassata e rinviata al Tribunale di Napoli, in persona di diverso magistrato con indicazione del seguente principio di diritto al quale attenersi in riforma dell’impugnata sentenza: La disciplina del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196, prescrivendo che il trattamento dei dati personali avvenga nell’osservanza dei principi di proporzionalità, di pertinenza e di non eccedenza rispetto agli scopi per i quali i dati stessi sono raccolti, non consente che gli spazi condominiali, aperti all’accesso a terzi estranei al condominio, possano essere utilizzati per la comunicazione di dati personali riferibili al singolo condomino; pertanto – fermo il diritto di ciascun condomino di conoscere, anche su propria iniziativa, gli inadempimenti altrui nei confronti della collettività condominiale – l’affissione nella bacheca dell’androne condominiale, da parte dell’amministratore, dell’informazione concernente le posizioni di debito del singolo partecipante al condominio, risolvendosi nella messa a disposizione di quel dato in favore di una serie indeterminata di persone estranee, costituisce un’indebita diffusione, come tale illecita e fonte di responsabilità civile, ai sensi degli articoli 11 e 15 del codice.

Da ultimo è utile osservare che a seguito del predetto intervento della Suprema Corte sul punto, detti principi non sono stati più messi in discussione essendo stati oltretutto recepiti e fatti propri dal Garante per la protezione dei dati personali che, proprio in aiuto alla delicata attività dell’amministratore in questo ambito, ha stilato un vademecum per gli adempimenti in tema di privacy.



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