
Revoca dell’amministratore da parte dell’autorità giudiziaria e sua rinomina
È possibile rinominare l’amministratore revocato dal giudice?
L’art. 1129 comma XIII c.c. non impedisce la sua rinomina decorso un esercizio
Il caso
Delibera assembleare ordinaria che approvava il rendiconto consuntivo ed il preventivo per l’annualità successiva, chiudendosi, poi, con la nomina di un nuovo amministratore.
Un condomino impugnava la delibera assembleare in questione sostenendone la nullità: l’amministratore nominato, infatti, non era nuovo al condominio, avendo esercitato il mandato in quello stesso immobile alcuni anni prima ed essendo stato poi revocato dal suo ruolo a seguito di ricorso da parte di un condomino.
La revoca dell’amministratore di condominio: mancata apertura del conto corrente condominiale
Lo stesso amministratore di condominio nominato all’esito della delibera assembleare impugnata per nullità, quando ancora in carica presso quello stabile, era stato, dallo stesso condominio, oggetto di revoca con istanza ai sensi dell’art. 64 disp. att. c.c..
L’art. 64 disp. att. c.c. afferma che “Sulla revoca dell’amministratore, nei casi indicati dal terzo comma dell’art. 1129 e dall’ultimo comma dell’art. 1131 del codice, il tribunale provvede in camera di consiglio, con decreto motivato, sentito l’amministratore medesimo.
Contro il provvedimento del tribunale può essere proposto reclamo alla corte d’appello nel termine di dieci giorni dalla notificazione”.
Il Tribunale adito aveva, tuttavia, rigettato l’istanza di revoca dell’amministratore.
Il condomino propose quindi reclamo alla Corte d’Appello, la quale sovvertiva la decisione di prime cure, revocando così l’amministratore sulla scorta della mancata apertura del conto corrente condominiale (considerata una grave violazione e motivo esplicitamente indicato nell’art. 1129 comma III c.c.).
Rinomina dell’amministratore revocato
A seguito della revoca dell’amministratore, il condominio aveva, però, provveduto a conferire l’incarico alla moglie dello stesso, per la durata di un esercizio.
Allo scadere dell’anno di mandato della moglie, l’amministratore aveva, pertanto, nuovamente ricevuto l’incarico con la delibera impugnata in esame.
Il quesito è, dunque, il seguente: è possibile rinnovare il mandato ad un amministratore di condominio già revocato in passato? E, soprattutto, la revoca giudiziale dell’amministratore ha il potere di escludere l’amministratore dal relativo condominio solo per l’anno successivo o per sempre?
La parte convenuta sosteneva, in sua difesa, innanzitutto il valore non decisorio ed il carattere non definitivo della decisione di volontaria giurisdizione relativa alla revoca.
L’amministratore rilevava, inoltre, che, qualora la revoca fosse destinata a rendere impossibile la nuova nomina dell’amministratore, questo si tradurrebbe nel potere di compromettere la libertà di svolgimento della professione e l’auto-nomia gestionale del condominio nei rapporti contrattuali.
Il Tribunale di Trieste, con la sentenza n. 82 del 28 gennaio 2020, rigettava la domanda attorea.
Il ragionamento del giudice adito era il seguente.
Dal punto di vista giuridico, la decisione della Corte d’Appello, pur essendo di volontaria giurisdizione, aveva carattere decisorio tale da impedire l’immediata rinomina dell’amministratore.
Infatti, come sancito dall’art. 1129 comma XIII c.c., “In caso di revoca da parte dell’autorità giudiziaria, l’assemblea non può nominare nuovamente l’amministratore revocato “.
Tuttavia, secondo il Tribunale di Trieste, la questione era da rinvenirsi nella formulazione della succitata norma.
La formulazione poco chiara della stessa comportava, di fatto, un’incertezza in merito all’interpretazione del periodo di interdizione dell’amministratore dall’essere rinominato nel medesimo condominio dal quale era stato revocato: l’interdizione è da intendersi sine die o solo per l’anno successivo alla revoca?
La sintetica formulazione della norma citata non consente di comprenderlo.
Al fine di risolvere il quesito, il giudice adito affermava come il termine “nuovamente ” contenuto nella norma, dovesse essere interpretato come “immediatamente dopo la revoca”, ossia a valere solo per l’esercizio successivo a quello della revoca e non sine die; tale interpretazione, infatti, almeno nel caso in questione, appariva più aderente con la decisione dell’assemblea di rinominare l’amministratore e con il principio di autonomia assembleare in materia condominiale.
La domanda attorea, quindi, veniva rigettata, consolidando la rinomina dell’amministratore.
Sebbene la decisione del Tribunale sia condivisibile, la motivazione non convince.
Quanto al dispositivo, infatti, pare corretto il ragionamento del Giudice che interpreta la sintetica lettera della norma come un’impossibilità di rinomina dell’amministratore dal condominio che lo aveva revocato per la durata di un esercizio.
Nel testo della decisione si legge che gli elementi che avevano fatto propendere il decidente per l’interpretazione solo annuale della interdizione dell’amministratore revocato erano “il principio di autonomia assembleare in materia condominiale” e “in quanto tale interpretazione appare maggiormente aderente alla attuale volontà assembleare di reintegrare nelle funzioni l’amministratore”.
L’aspetto discutibile della decisione risiede proprio in queste motivazioni.
Si ritiene, infatti, che il solo ed unico elemento in grado di orientare la decisione in commento debba essere il primo, ovverosia “il principio di autonomia assembleare in materia condominiale”.
Laddove, infatti, il giudice debba scegliere tra una interpretazione normativa ed un’altra, questi ha il dovere di utilizzare criteri ermeneutici generali ed astratti, astenendosi dal valutare se l’interpretazione fornita sia più o meno aderente all’attività stragiudiziale svolta dalle parti prima della causa.
Conclusione
Il nostro orientamento conferisce ampio potere all’autonomia decisoria della parte contrattuale. Nel caso di specie, quindi, il condominio ha il diritto, ove lo ritenga opportuno, di rinominare un amministratore in precedenza giudizialmente revocato e ciò in quanto la propria decisione non influisca sulla sfera giuridica di altri, se non le parti del relativo contratto.
Elementi per attivare la revoca giudiziale dell’amministratore di condominio
Il sospetto che l’amministratore del proprio immobile non si stia comportando come prescrive la legge, non è sufficiente per attivare la procedura di revoca giudiziale: è necessario raccogliere elementi che suffraghino quella convinzione.
Nel disciplinare la revoca giudiziale dell’amministratore condominiale, l’art. 1129 c.c., undicesimo comma, specifica che l’Autorità Giudiziaria può disporla, ma non è obbligata a farlo.
Sarà quindi il giudice adito a valutare gli elementi di prova forniti, stabilendo, sulla base di logici convincimenti, se gli stessi possano essere considerati sufficienti o meno a decretare la revoca.
L’art. 1129 c.c., all’undicesimo e dodicesimo comma, contiene una elencazione delle gravi irregolarità che possono portare alla revoca dell’amministratore.
Sulla materia, la giurisprudenza ha avuto modo di affermare che «l’elenco delle ipotesi costituenti “gravi irregolarità” contenuto nell’undicesimo comma dell’art. 1129 c.c. deve, tuttavia, ritenersi meramente esemplificativo e non esaustivo, dovendo essere completato da altre fattispecie ricomprendenti tutti quei comportamenti che fanno sospettare una gestione anomala della cosa comune da parte dell’amministratore o che siano indici di una condotta poco trasparente da parte di quest’ultimo.
I fondati sospetti di gravi irregolarità devono, tuttavia, consistere in supposizioni che trovino riscontro in elementi e dati oggettivi, non essendo sufficiente un dubbio o una mera impressione» (Trib. Milano 20 giugno 2018 n. 1963).
Alla luce di queste constatazioni, si evince quindi innanzitutto che l’elenco codicistico delle gravi irregolarità atte a determinare la revoca giudiziale dell’amministratore è esemplificativo; inoltre, si chiarisce come siano necessari elementi concreti e non meri sospetti dei condòmini.
Senza alcuna pretesa di esaustività, riporteremo nel seguito, rispetto ad ogni singola ipotesi di irregolarità nella gestione prevista dalla legge, degli esempi di elementi probatori da rintracciare che possano fungere da riferimento per provare ad ottenere la revoca giudiziale.
Costituiscono gravi irregolarità che possono portare alla revoca dell’amministratore di condominio:
1) Gravi irregolarità fiscali:
Esempio di riscontri documentali inerenti al fatto: avvisi di accertamento in merito ad omesso o ritardato versamento delle ritenute d’acconto, la prova dell’omessa o errata comunicazione all’Agenzia delle Entrate dei dati fiscali in relazione agli interventi edilizi che beneficiano di detrazioni fiscali (mediante dimostrazione che il relativo beneficio non è presente nel cassetto fiscale), ecc.;
2) Mancata apertura ed utilizzazione del conto corrente:
Per provare che l’amministratore non abbia aperto, non utilizzi o utilizzi male il conto corrente condominiale è possibile produrre un raffronto con il registro di contabilità o avvalersi dell’ausilio del rendiconto (da valutarsi di caso in caso);
3) Omessa comunicazione all’assemblea di una citazione o di un provvedimento che abbia un contenuto che esorbita dalle attribuzioni dell’amministratore:/p>
Documento che dimostri l’omissione è, ad esempio, copia della citazione in giudizio del condominio per risarcimento danni da infiltrazioni (Cass. SS.UU. n. 18331/10);
4) Omessa convocazione dell’assemblea per l’approvazione del rendiconto condominiale, nonché il ripetuto rifiuto di convocare l’assemblea per la revoca e per la nomina del nuovo amministratore o negli altri casi previsti dalla legge:
La dimostrazione di questa irregolarità può avvenire mediante semplice indicazione della circostanza di fatto che dalla data di chiusura dell’esercizio a quella del deposito del ricorso non sia stata convocata assemblea per l’approvazione del rendiconto; mentre, per gli altri argomenti diversi dall’approvazione del rendiconto, che dalla sollecitazione non sia seguita alcuna convocazione;
5) Mancata esecuzione di provvedimenti giudiziari e amministrativi, nonché di deliberazioni dell’assemblea:
E’ possibile avvalersi degli stessi elementi di prova di cui al punto precedente;
6) Gestione secondo modalità che possono generare possibilità di confusione tra il patrimonio del condominio e il patrimonio personale dell’amministratore o di altri condomini:
Elementi probatori in tal senso sono riconducibili alla documentazione del ricorso continuo all’uso di denaro contante, all’uso di conti correnti non riconducibili al proprio condominio, di giacenze di cassa contanti non giustificate da corrispondenti immediati o vicini versamenti;
7) Per un credito insoddisfatto, l’aver acconsentito alla cancellazione delle formalità eseguite nei registri immobiliari a tutela dei diritti del condominio:
Per far valere questa grave irregolarità è possibile produrre quella documentazione dalla quale emerga che vi sia stata rinuncia all’ipoteca o al pignoramento immobiliare prima del pagamento integrale del credito soddisfatto e senza autorizzazione assembleare;
8) L’aver omesso di curare diligentemente l’azione e la conseguente esecuzione coattiva, nel caso in cui sia stata promossa azione giudiziaria per la riscossione delle somme dovute al condominio:
In questa circostanza, occorre produrre quella documentazione dalla quale si evinca che l’amministratore non abbia fatto tutto quanto in suo potere/dovere per far sì che le azioni giudiziarie potessero dare esiti positivi;
9) Inottemperanza agli obblighi di cui all’articolo 1130, numeri 6), 7) e 9): tenuta dei registri e comunicazioni in merito a stato di pagamento e delle liti:
In questo caso, è necessario produrre fornire dimostrazione della mancata tenuta dei registri indicati dalla legge, nonché produrre quella documentazione attestante che alle richieste fatte non siano seguiti riscontri;
10) Omessa, incompleta o inesatta comunicazione dei dati di cui al secondo comma dell’art. 1129 c.c.: “Contestualmente all’accettazione della nomina e ad ogni rinnovo dell’incarico, l’amministratore comunica i propri dati anagrafici e professionali, il codice fiscale, o, se si tratta di società, anche la sede legale e la denominazione, il locale ove si trovano i registri di cui ai numeri 6) e 7) dell’articolo 1130, nonché i giorni e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta all’amministratore, può prenderne gratuitamente visione e ottenere, previo rimborso della spesa, copia da lui firmata”:
È tra le più semplici delle gravi irregolarità da provare, essendo sufficiente portare al giudice la dimostrazione di questa mancanza.
La giurisprudenza che si sta sviluppando sul punto non sempre ritiene, tuttavia, che l’omissione o il comportamento irregolare dell’amministratore sia per se stesso sufficiente a determinarne la revoca giudiziale.
È bene, quindi, tenere a mente che la dimostrazione di una o più delle mancanze sopra riportate potrebbe non essere sufficiente per ottenere la revoca giudiziale dell’amministratore; anche solo in via d’ipotesi, occorre provare il pregiudizio sofferto dal condominio o che la compagine potrebbe soffrire in ragione della grave irregolarità.