
Proprietà della caldaia del riscaldamento centralizzato
La deliberazione assembleare che attribuisce un bene comune alla proprietà di un solo condomino o di un gruppo di condomini con quale maggioranza deve essere assunta?
La questione è stata affrontata dalla Corte di Cassazione, con sentenza n. 6090 del 4 marzo 2020
Il caso
Il caso preso ad esame dalla Corte di Cassazione riguardava un edificio composto da tre piani con più condomini per piano.
Con l’unanimità dei presenti, l’assemblea aveva deliberato la trasformazione del-l’impianto di riscaldamento ed il distacco degli alloggi siti al terzo e ultimo piano.
Un condomino, assente al momento della decisione, aveva impugnato la delibera asserendone la nullità.
Innanzitutto, questi sosteneva che la stessa non fosse stata assunta all’una-nimità dei consensi degli aventi diritto: stante la sua mancata presenza, il medesimo non aveva, infatti, espresso alcun voto al riguardo.
In secondo luogo, il condomino appellante denunciava una deroga ai criteri legali di ripartizione delle spese, dal momento che la deliberazione impugnata escludeva integralmente i condomini del terzo piano dalla partecipazione alle spese dell’impianto, qualunque fosse la natura di spesa in questione.
Riscaldamento centralizzato e distacco all’uso: normativa di riferimento
Due sono i riferimenti normativi in tema di riscaldamento centralizzato e distacco all’uso dello stesso.
L’art. 1118 c.c. dispone espressamente, su questo argomento, che “Il condomino può rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento, se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini.
In tal caso il rinunziante resta tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto e per la sua conservazione e messa a norma.”
Interviene, poi, una normativa speciale, la L. 10/1991, che richiede la predisposizione di una relazione da parte di un tecnico abilitato che attesti la presenza di una causa maggiore al fine di poter procedere con il distacco dall’impianto centrale di riscaldamento.
La decisione sul caso
La deliberazione condominiale impugnata è stata annullata in tutti i gradi di merito, in ragione dell’assenza della totalità dei condomini alla votazione.
Richiamando la correttezza delle sentenze del giudice di merito e della Corte di appello, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 6090 del 4 marzo 2020, ha affermato che “Va osservato come sia, nel caso di specie, da ritenersi incontroverso che la delibera impugnata da (OMISSIS), con cui erano stati approvati la sostituzione della caldaia (che avrebbe continuato a rimanere a servizio del primo e / secondo piano) e il distacco dal riscaldamento centralizzato dei condomini del terzo piano, è stata dichiarata nulla con la sentenza del Tribunale di primo grado, e confermata dalla Corte di appello, sul presupposto che per essa occorresse l’unanimità dei condomini (e non fosse, quindi, sufficiente l’approvazione con altre composizioni assembleari) nella parte in cui con tale delibera era stata attribuita in esclusiva proprietà la caldaia ai soli condomini dei primi due piani e dichiarata l’esenzione dalle spese di manutenzione per i condomini posti al terzo piano e serviti dagli impianti autonomi di riscaldamento.”.
Il principio cardine della pronuncia di tutti i giudici di merito e, infine, della Suprema Corte, è quello per cui, al fine di prevedere una distribuzione di spesa diversa da quella sancita dalle norme del Codice Civile, è necessario che la relativa deliberazione sia assunta dalla totalità dei condomini, essendo il condominio un ente di gestione degli immobili che lo costituiscono.
Come previsto dall’art. 1118 c.c. sopra riportato, in caso poi di distacco dal riscaldamento centrale, il vincolo di spesa relativo a manutenzione, adeguamento e messa a norma rimane in capo al condomino distaccato. L’unica via per ovviare a questo vincolo risiede nella manifestazione di un volere univoco dell’assemblea.
Cambio della proprietà: sempre necessario il consenso di tutti i condòmini?
È sempre necessaria la totalità dei consensi in caso di conferimento di un bene a un gruppo di condomini o anche solo ad un singolo condomino.
La logica sottostante è la seguente: dal momento che un bene comune è un bene in comproprietà di tutti i condomini, per conferire validamente la quota ad altro soggetto, o altro gruppo di soggetti – anche dello stesso edificio – è necessario che ogni individuo, anche se solo idealmente, si spogli della quota di proprietà che gli spetta su quel bene.
Un caso esemplificativo in questo senso è quello attinente la previsione della riserva del diritto di proprietà del costruttore/venditore degli alloggi dell’edificio. Questi può prevedere in ogni singolo atto di compravendita che un certo bene, ad esempio il sottotetto, rimanga nella sua esclusiva proprietà.
Questa clausola viene riportata in tutti gli atti pubblici dallo stesso costruttore/venditore, il quale ne effettua anche la relativa trascrizione.
Per questa via, negli atti di vendita i compratori poi condomini accettano che quel certo bene, nel caso preso ad esempio il sottotetto, sia di proprietà singola, anche se le sue caratteristiche (le ampie dimensioni) porterebbero a far concludere per il contrario.
Per il meccanismo della clausola di riserva di proprietà, è solo se non risulta diversamente dal titolo che si risale al principio della condominialità dei beni comuni.
Caldaia centralizzata: nulla la delibera che a maggioranza ne attribuisca la proprietà ad un gruppo di condòmini
È proprio in questi termini che si è espressa la decisione della Corte di Cassazione sul caso in esame, che si riporta nel seguito.
“Infatti, con la delibera oggetto di causa si provvide – con la sola unanimità dei presenti – a determinare un mutamento del titolo di comproprietà sulla caldaia, ancorché sostituita e malgrado i condomini del terzo piano fossero stati autorizzati a distaccarsi dall’impianto centralizzato, con conseguente esonero totale di questi ultimi condomini a compartecipare alle spese di manutenzione della caldaia stessa.
Trattavasi, perciò, di una deliberazione incidente sulla titolarità delle parti comuni (ricollegabile “ex se” alla costituzione del condominio, secondo la previsione generale dell’art. 1117 c.c.) e non meramente dispositiva di innovazioni riconducibili all’art. 1120, comma 1, c.c. .
Sarebbe stata, quindi, necessaria a tal fine l’unanimità dei condomini (e non solo dei presenti all’assemblea) e ciò anche ponendosi riferimento a quanto sancito dalla norma generale in tema di comunione di cui all’art. 1108, comma 3, c.c. (a cui rinvia, tra le altre disposizioni normative nella stessa materia, la disciplina sul condominio degli edifici secondo il richiamo contemplato dall’art. 1138 c.c.: cfr. Cass. n. 15024/2013).
In altri termini, implicando l’impugnata delibera – nei sensi in cui era stata approvata – la produzione di un effetto traslativo (per effetto dell’alienazione dei diritti di alcuni dei condomini comproprietari di un bene comune in favore dei restanti), incidente sulla pregressa comproprietà originaria ex lege della caldaia centralizzata in capo alla generalità dei condomini per la prevista esclusione da tale vincolo reale di alcuni dei condomini, sarebbe stato necessario il consenso di tutti i partecipanti al condominio e, quindi, di tutti i condomini.”
Come vediamo, sempre nei medesimi termini si conclude in relazione all’art. 1108 c.c., norma in tema di comunione, la quale, in ragione del rimando operato dall’art. 1139 c.c., si applica anche al condominio.
Focus
Distacco dall’impianto di riscaldamento: considerazioni sul risparmio energetico
II nuovo art. 1118 c.c., comma 4, consente al singolo condomino di distaccarsi dall’impianto di riscaldamento centralizzato, purché da questa operazione non derivino “notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini”.
Quali le conseguenze?
Le condizioni per procedere al distacco
In precedenti pronunce giurisprudenziali (sentenza n. 11857 del 27/05/2011), in merito al distacco si faceva riferimento al c.d. «squilibrio termico», secondo cui per “squilibrio termico” non deve essere intesa la possibile differente temperatura nell’appartamento distaccato in quanto, in ogni caso, anche senza distaccarsi il proprietario potrebbe sempre semplicemente chiudere i propri radiatori. “Se così non fosse – osserva la Corte – quel distacco dall’impianto di riscaldamento centralizzato ammesso in linea di principio sarebbe sempre da escludere in concreto, in quanto nell’ambito di un condominio ogni unità immobiliare confina con almeno un’altra unità immobiliare, per cui il distacco dall’impianto centralizzato da parte di uno dei condomini provocherebbe sempre quel tipo di squilibrio termico che, invece, deve essere considerato irrilevante”.
Il nuovo art. 1118 c.c., menziona, invece, i c.d. «notevoli squilibri di funzionamento», laddove il termine ‘’notevole” sta a indicare il limite entro cui è consentita l’operazione di separazione dall’impianto centralizzato.
È il condomino interessato a dover fornire la prova della coesistenza delle condizioni tecniche sopra citate, tramite apposita perizia.
Il documento deve essere redatto da un tecnico abilitato, ovverosia un professionista iscritto agli albi professionali e in possesso delle competenze tecniche in ambito di impianti di riscaldamento dotati di canne fumarie collettiva ramificate.
La perizia deve attestare lo stato dei consumi della caldaia e la proiezione del consumo in caso di distacco; deve, inoltre, dimostrare l’assenza di futuri squilibri termici per il fabbricato.
In particolare, il tecnico dovrà accertare la misura dell’inevitabile squilibrio che viene a crearsi nell’impianto centralizzato, venendo meno una unità.
Inoltre, questi dovrà quantificare l’eventuale quota forfettaria di compensazione per la quantità di calore di cui si continuerebbe comunque ad usufruire, derivante dagli appartamenti confinanti e dalle tubazioni che attraversano l’appartamento (si riuscirebbe, in media, a beneficiare di una temperatura di 16-17°).
Il condomino può procedere all’intervento di distacco senza preventiva informazione all’amministratore, una volta dimostrata la presenza delle due condizioni richieste.
Seppur solo per prendere atto della sussistenza dei presupposti di legge, dunque non per autorizzare o meno il distacco, la relazione tecnica va comunque sottoposta al vaglio dell’assemblea dei condomini.
Avvenuto il distacco, il condominio non è più tenuto a partecipare alle spese di consumo dell’impianto centralizzato; ha, però, comunque l’obbligo di contribuire alle spese di manutenzione straordinaria, comprensive anche dei lavori per la sua conservazione e messa a norma.
Inoltre, se e nella misura in cui il distacco non abbia comportato una diminuzione degli oneri del servizio a carico degli altri condomini, i condomini che si distaccano continuano ad essere obbligati a partecipare alle spese di consumo del carburante o di esercizio (Cass. 30.04.2014 n. 9526).