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Oneri consortili: rapporto tra consorzio e condominio

Alessia Calabrese

Economista - Imprenditrice - Vice Tesoriere Nazionale UNAI

Per esigere dal condominio il versamento degli oneri consortili non basta, per il consorzio, produrre le delibere di approvazione delle spese (quand’anche a consuntivo), bensì è anche necessario provare di aver effettivamente reso al condominio i servizi di cui chiede il pagamento.

Questo quanto affermato dalla Suprema Corte, che si è espressa sulla materia con l’ordinanza n. 4263 del 19 febbraio 2020

Ricorriamo alla vicenda presa in analisi con recente ordinanza della Corte di Cassazione per approfondire l’annosa questione del rapporto tra consorzi e condominio.

La vicenda

Il Tribunale di Roma è stato chiamato ad esprimersi in merito all’opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto da un consorzio di urbanizzazione nei confronti di un condominio per il pagamento degli oneri consortili delle annualità dal 2011 al 2014. Il ricorso era stato ottenuto nel 2016; promossa anch’essa nel 2016, l’opposizione si chiude con la sentenza del Tribunale adito n. 2954 dell’11 febbraio 2020.
Nello specifico, il consorzio esigeva dal condominio il pagamento di oneri consortili dovuti a: custodia e portierato, lavori manutentivi, manutenzione impianti tecnologici, manutenzione delle aree a verde e dell’irrigazione, servizio ritiro “porta a porta” trasporto e trattamento rifiuti e pulizia ordinaria. A questa somma ingiunta, si aggiungevano gli interessi moratori di cui al D. Lgs. 231/2002 e le spese legali liquidate dal Giudice del monitorio.
Il condominio si opponeva. Contestava che la somma ingiunta non corrispondesse né alle ripartizioni approvate dall’assemblea dei delegati del consorzio, né al totale corrisposto dal condominio e dalla società costruttrice del medesimo, condòmina anch’essa perché proprietaria di diverse unità immobiliari.

Insistendo nella conferma del decreto ingiuntivo, il consorzio ribadiva che, sulla somma ingiunta, fosse dovuta anche l’IVA; rilevava, inoltre, che le somme corrisposte dal condominio e dalla costruttrice, così come approvato dall’assemblea consortile, fossero già state defalcate dal saldo totale del debito del condominio.
L’opposizione veniva rigettata dal Tribunale.
Lo stesso Tribunale dichiarava comunque cessata la materia del contendere dal momento che, nelle more del giudizio, la costruttrice aveva provveduto a corrispondere le somme ingiunte a lei spettanti ed ancora inevase, mentre, sulla scorta del decreto ottenuto, quanto rimaneva della sorte era stato recuperato dal Consorzio tramite pignoramento presso terzi verso il condominio.

Il ragionamento del Giudice: i mille volti di un consorzio

Ad aprire il ragionamento del Tribunale adito è un excursus sulla fattispecie dei c.d. consorzi di urbanizzazione, fattispecie in cui rientra appunto il consorzio ricorrente ed opposto nel caso preso ad esame.
Questa tipologia di consorzi, come spiega il Giudice adito, sono figure atipiche: non sono espressamente disciplinate nel nostro ordinamento, ma ben riconducibili all’intento dei proprietari di terreni ricadenti in un comprensorio innanzitutto di realizzare , sui propri terreni, i servizi e le attrezzature prescritte negli strumenti urbanistici e, ancora, di mantenere e gestire quanto realizzato.

Gli elementi caratterizzanti di questa tipologia di consorzi sono tre:

–    La realità:

con ‘realità’ si intende il forte collegamento esistente tra le res, vale a dire gli immobili insistenti sul terreno del comprensorio ed i diritti e doveri connessi ad esse ed a tutte le parti comuni ed i servizi oggetto di consorzio; si avvera, così, la obligatio propter rem, per cui l’onere, anche pecuniario, non segue la persona del proprietario, bensì la cosa oggetto di proprietà;

–    L’associazione personale:

Questo aspetto si rinviene nella presenza di un’aggregazione stabile di persone che, per un certo tempo o a tempo indeterminato, si impegnano alla realizzazione di uno scopo comune, non lucrativo e non imprenditoriale;

–    La regolamentazione della vita consortile:

La pronuncia del Tribunale contiene un vero e proprio vademecum per orientarsi nella vita consortile. Questo elemento, secondo il Giudice di merito e la giurisprudenza maggioritaria, va ricercato nell’atto costitutivo e nello statuto : è qui che il consorzio può dettare le norme circa l’amministrazione, l’adozione delle decisioni, il riparto delle spese, ecc..

Lo stesso afferma, infatti, nel seguito che:

  • la materia delle delibere consortili è assoggettata non al corrispondente art. 21 c.c. in materia di associazioni non riconosciute, bensì agli artt. 1136 e 1137 c.c.; ciò comporta un assoggettamento delle maggioranze per l’approvazione delle delibere e per l’impugnativa delle stesse alla disciplina condominiale;
  • le spese per la lottizzazione sono attribuibili in base all’ art. 1101 c.c. , dettato per la comunione;
  • il recesso ad nutum, a differenza di quanto valido per le associazioni, non è ammissibile : costituendosi il vincolo propter rem, si diviene consorziati per il solo fatto giuridico dell’acquisto della proprietà di un bene (unità immobiliare) insistente nel consorzio; conseguentemente, ci si può liberare della qualità di “consorziato’” solamente alienando il bene oggetto di consorzio .

 

Oneri consortili e condominio

La giurisprudenza afferma ormai da tempo che il consorzio può agire per ottenere il recupero degli oneri presso i morosi, avvalendosi del ricorso monitorio di cui all’art. 63 disp. att. c.c. .
Tuttavia, con sentenza n. 4263 del 19 febbraio 2020, la Suprema Corte ha affermato che per esigere dal condominio il versamento degli oneri consortili non basta, per il consorzio, produrre le delibere di approvazione delle spese (quand’anche a consuntivo), bensì è anche necessario provare di aver effettivamente reso al condominio i servizi di cui chiede il pagamento.
Non mancano, inoltre, pronunce che affermano come i consorziati possano decidere quali norme applicare al proprio rapporto. In questo senso, ad esempio la sentenza n. 22641/2013, con la quale la Cassazione ha affermato che le norme in materia condominiale siano applicabili al consorzio solamente in via residuale e sempre laddove manchi, da parte dello statuto consortile, un’espressa previsione circa la regolamentazione da applicare.
Appare, quindi, evidente come il campo sia ancora aperto ad interpretazioni.

L’IVA sugli oneri consortili

In merito a questo aspetto, dal testo della pronuncia non si comprende se l’IVA sugli oneri consortili ingiunti con il decreto fosse stata calcolata in esso come elemento della sorte richiesta oppure se si tratti di domanda successiva, svolta, solamente in sede di opposizione, dal consorzio.
Supponendo, anche, che si trattasse di domanda successiva, non la si ritiene una domanda nuova; pertanto, il consorzio sarebbe stato legittimato a proporla, dal momento che il creditore che abbia agito in virtù del proprio diritto di credito, quando si apre la fase a cognizione piena data dall’opposizione al decreto ingiuntivo, ha comunque ampia facoltà di deduzione e di prova inerenti detto diritto e l’IVA è un accessorio del diritto di credito.
Per quanto afferisce, poi, all’applicabilità del ragionamento, il Giudice porta a sostegno da un lato quanto previsto dalla normativa fiscale in materia di IVA (artt. 2 e 3 D.P.R. n. 633 del 1972) e, dall’altro, quanto spiegato dall’Agenzia delle Entrate (risoluzione 156/1996 e circolare 380/E del 2008).

È possibile, quindi, concludere che i servizi offerti dal consorzio ai consorziati, sebbene rientrino nei compiti istituzionali dell’ente, producono reddito d’impresa, a patto che siano resi dietro un corrispettivo (gli oneri consortili, appunto). Occorre, inoltre, valutare se il rapporto giuridico cui imputare le prestazioni rese dal consorzio, sia inquadrabile nell’ambito del contratto di mandato senza rappresentanza oppure sia riconducibile a una più generica obbligazione di fare. Nel primo caso, infatti, potrà essere richiesta l’IVA applicabile al rapporto tra mandatario e terzo, mentre, nel secondo, l’IVA prevista per gli appalti.

Focus

Consorzio vs condominio

L’esperienza pratica in materia di gestione di parti e servizi comuni ci presenta spesso due soggetti giuridici diversi:condomini e consorzi.

In comune queste due figure hanno sicuramente due aspetti:

  • entrambi sono finalizzati alla gestione di parti e servizi comuni;
  • da entrambi derivano obbligazioni propter rem, quelle obbligazioni che seguono l’immobile e non il proprietario: al variare del proprietario esse ricadranno sul nuovo (sebbene possa succedere che i due siano debitori solidali, ex art. 63 disp. att. c.c.);

 

Sebbene apparentemente simili, questi due istituti differiscono, invece, nella loro ratio:

  • Il condominio è un istituto necessario: sorge per previsione di legge, se e in quanto l’immobile ha deter-minate caratteristiche strutturali e giuridiche; in presenza di siffatte caratteristiche (che non stiamo qui ora a ricordare), non è richiesto al condòmino di scegliere se farvi parte o a quali condizioni: infatti, fatta eccezione per le eventuali norme che possono stabilirsi tramite il regolamento contrattuale, tutto il resto è dettato dalla legge.
  • Il consorzio, invece, non è un elemento necessario: esiste solo se voluto e la volontà di appartenervi deve risultare espressamente; è, dunque, assolutamente facoltativo e non regolato quasi per niente dalla normativa civilistica.

 

Nonostante le diversità, essendo il consorzio privo di norme specifiche, la soluzione più semplice, ma non obbligatoria, sarà quella dell’applicazione delle norme sul condominio.
Esso rientra nel modello delle associazioni non riconosciute e, dunque, ricade sotto la disciplina di cui agli artt. 36 e ss. c.c..



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