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Gli effetti dell’emergenza da Covid-19 in ambito condominiale

Claudio Turci

Avvocato del Foro di Roma - Consulente del Centro Studi Condominiali di Roma - Membro del Servizio di Consulenza Nazionale UNAI

Avv. Claudio Turci

L’emergenza sanitaria da Covid-19 diffusa in Italia e in tutto il mondo ha portato le autorità competenti ad adottare diverse misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’epidemia, imponendo a tutti di modificare le proprie condotte quotidiane e lavorative.

Significative ripercussioni sono evidenti anche in ambito condominiale. Inevitabilmente difatti risulta doveroso che le condotte da assumere negli spazi comuni dello stabile siano compatibili con il rigoroso rispetto delle misure impostateci, evitando assembramenti e garantendo l’igiene degli ambienti. Notevoli dubbi interpretativi si sono generati poi relativamente a diverse tematiche, tra le quali quella della privacy, riguardo la divulgazione di eventuali notizie di contagio dei condomini; della convocazione e dello svolgimento delle assemblee; della gestione delle spese necessarie per il condominio; della sospensione dei termini processuali.

Si auspica che anche in ambito giudiziario, in un’ottica postuma rispetto a tale complessa situazione emergenziale, si possano sensibilizzare tali tematiche, tenendo conto delle difficoltà riscontrate a causa di un fenomeno del tutto nuovo e imprevedibile.

L’emergenza sanitaria dovuta al contagio da Covid-19 ha comportato rilevanti modifiche e adeguamenti delle nostre condotte abitudinarie e lavorative. Tale fenomeno ha suscitato notevoli cambiamenti altresì nella vita condominiale.

Anche in condominio dunque, vista la presenza di spazi comuni, ritenuti luoghi a rischio di contagio, è necessario attenersi alle misure restrittive imposte dal Governo, relative al necessario distanziamento sociale. Esaminiamo nello specifico le norme di comportamento condominiale approvate dall’Istituto Superiore della Sanità e dal Ministero della Salute.

Uno degli spazi comuni in ambito condominiale è l’ascensore, che, viste le ridotte dimensioni e l’assenza di aperture, configura luogo con ogni probabilità di contagio. Pertanto risulta doveroso entrare in ascensore uno per volta, affinché si rispetti la distanza di almeno un metro, adottando inoltre le adeguate misure di igiene relative al contatto di maniglie e pulsanti. Per quanto concerne la consegna di lettere raccomandate o pacchi di vario genere si dovranno seguire le indicazioni di cui al D.L. n. 18/2020. Sino al 30 giugno 2020 gli operatori postali dovranno procedere alla consegna citofonando al destinatario o alla persona incaricata del ritiro. Una volta avvenuta l’identificazione del soggetto cui recapitare la posta, il postino dovrà eseguire la consegna senza raccogliere la firma del destinatario ed effettuerà il deposito presso l’abitazione.

Risulta essere molto utile inoltre effettuare una pulizia periodica delle parti comuni del condominio poiché essa contribuisce alla sanificazione degli ambienti e dunque al contenimento del contagio. Un argomento di notevole importanza sensibile alle normative vigenti ai tempi del Covid-19 è inoltre la tutela della privacy. In base all’art. 1130 c.c. l’Amministratore ha il dovere di disciplinare l’uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell’interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a ciascuno dei condòmini; l’Amministratore deve inoltre compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni. Alla luce del precetto in esame, non sembra che tra le competenze attribuite all’Amministratore siano incluse anche quelle sanitarie.

Pertanto, come sostenuto dagli esperti in materia (Federprivacy), “non esiste alcuna ragione che possa consentire all’Amministratore di trattare i dati sanitari per finalità diverse da quelle limitate al suo incarico”. Attualmente, in mancanza di una specifica imposizione normativa, la persona positiva del Covid-19 non è tenuta a comunicarlo all’Amministratore, né ai singoli condomini; di conseguenza, anche l’Amministratore, in caso di conoscenza informale di un caso di Covid-19 tra i condòmini dello stabile, non è tenuto a divulgare la notizia agli altri condomini. In caso contrario l’Amministratore si esporrebbe ad eventuali conseguenze, quali l’azione risarcitoria da parte della persona positiva al Covid- 19 e una sanzione da parte del Garante per trattamento illecito dei dati personali.

Tuttavia nel caso in cui il condomino decida spontaneamente di comunicare all’Amministratore il suo stato, quest’ultimo, sempre nel rispetto della privacy, dovrebbe procedere con un intervento di sanificazione. Trattandosi difatti di attività urgente, non dovrebbe essere necessaria la ratifica della stessa alla luce della comunicazione scritta/denuncia del caso di contagio da Covid-19, con l’accortezza di oscurare i dati della persona; fermo restando di produrre in assemblea la relativa fattura della ditta.

In caso di eventuale successiva contestazione del Condominio, l’Amministratore dovrebbe produrre in giudizio la comunicazione scritta del condomino positivo; solo in tale situazione, le norme sulla privacy subiscono una deroga: l’art. 9, comma 2, lett. f), Regolamento UE 679/2016, noto come GDPR (Trattamento di categorie particolari di dati personali), prevede che il paragrafo 1 (divieto di trattare anche i dati della salute per l’identificazione del soggetto) non si applica se si verifica quando “il trattamento è necessario per accertare, esercitare o difendere un diritto in sede giudiziaria o ogni qualvolta le autorità giurisdizionali esercitino le loro funzioni giurisdizionali”.

In conclusione, un comportamento arbitrario dell’Amministratore potrebbe causare solo episodi di panico; quanto alla sanificazione, questa, comunque, dovrebbe essere svolta secondo i parametri dell’Istituto Sanitario Nazionale. Ulteriori questioni legate all’emergenza da pandemia risultano la convocazione e lo svolgimento delle assemblee condominiali e conseguentemente la gestione del condominio. A tal proposito – come ha disposto la Presidenza del Consiglio dei Ministri con FAQ 13 marzo 2020 diretta a fornire chiarimenti relativamente al contenuto del D.P.C.M. 11 marzo 2020 – “le assemblee condominiali sono vietate, a meno che non si svolgano con modalità a distanza, assicurando comunque il rispetto della normativa in materia di convocazioni e delibere”. E poiché l’organizzazione e lo svolgimento delle assemblee con modalità a distanza presentano grandi difficoltà di carattere tecnico, giuridico ed organizzativo, molto spesso non si svolgono affatto.

Una delle conseguenze pratiche di maggiore rilievo di questa situazione è costituita dalla difficoltà per l’amministratore del condominio di reperire le somme necessarie per fare fronte alle spese per la conduzione dei servizi indispensabili per la vita del condominio. Una modalità di richiesta di pagamento di somme per l’amministratore potrebbe essere quella di predisporre il rendiconto consuntivo delle spese per l’ultimo esercizio con il relativo riparto tra i condòmini e di presentare altresì un preventivo e un piano rateale di pagamento in base alle previsioni circa le necessità cui dovrà farsi fronte nell’esercizio in corso. Si pone a riguardo il quesito se tali iniziative dell’amministratore possano essere considerate legittime, in quanto non approvate da una previa delibera assembleare, e soprattutto ci si chiede se i condòmini siano tenuti a soddisfare le richieste di pagamento in via anticipata.

Altra modalità potrebbe essere quella di inviare ai condòmini il preventivo delle spese e il piano di riparto delle stesse con richiesta a ciascuno di comunicare per iscritto l’approvazione dei documenti trasmessi, e di provvedere così al pagamento delle somme indicate nei documenti approvati. Anche in tal caso la legittimità di tale iniziativa risulta essere dubbia. Risulta opportuno che l’amministratore formuli comunque la richiesta anzidetta al fine di indurre i condòmini a provvedere al versamento di quanto necessario. Alla luce di tale esperienza le difficoltà sopra esposte possono giovare per il futuro alla gestione condominiale. Sarà conveniente difatti che venga sottoposto all’assemblea annuale del condominio – oltre al consuntivo dell’esercizio passato – il preventivo delle spese relative all’esercizio successivo rispetto a quello in corso, aderendo così ad un iter che consenta di rispettare pienamente i ruoli dell’assemblea e dell’amministratore quali fissati dalla disciplina normativa del condominio.

Solamente in via subordinata può consigliarsi la prassi di fissazione da parte dell’assemblea, con la delibera che approva il preventivo relativo alla gestione in corso, anche di una rata supplementare di contributi condominiali per il periodo successivo all’esercizio in corso. Per quanto concerne invece la sospensione del pagamento del canone locativo relativo ad immobili destinato ad uso abitativo, il d.l. n. 18/2020 (c.d. Cura Italia) non prevede disposizioni da applicare a riguardo. Alla luce del suddetto d.l., il conduttore di una attività commerciale non è autorizzato a sospendere il canone di locazione, salvo poi, in ambito contrattuale, valutare le conseguenze dell’inadempimento/ritardo del debitore ai sensi degli artt. 1218 e 1223 c.c.

L’art. 103, comma 6, d.l. n. 18/2020 prevede inoltre che “l’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, è sospesa fino al 30 giugno 2020”. Quest’ultima disposizione va interpretata in via ampia ed è destinata a trovare applicazione relativamente all’esecuzione di ogni provvedimento giudiziario che disponga il rilascio di qualsiasi immobile, non solo abitativo ma anche non abitativo. In conclusione, ad oggi, le attuali norme non prevedono alcuna sospensione generalizzata dei canoni né per i contratti a uso commerciale o “diverso”, né per i contratti a uso abitativo. Pertanto, in mancanza di provvedimenti normativi in materia, gli inquilini e proprietari possono solo accordarsi per una riduzione del canone di locazione in questo periodo di difficoltà.

In assenza di uno specifico intervento da parte del legislatore nella materia condominiale, le applicazioni pratiche successive all’emergenza potrebbero avere serie conseguenze per gli operatori del diritto. Pertanto in un prospettiva post Covid-19, in particolare in caso di azione del condòmino per l’annullabilità di una delibera, non essendo più esercitabili i termini previsti ex art. 1137 c.c., si potrebbero ipotizzare i seguenti istituti:

–      Questione di legittimità costituzionale:

in tema di decadenza dei termini sostanziali, il giudicante potrebbe sollevare la questione di legittimità costituzionale dei due decreti con le due diverse “Zone Rosse”, a causa della diversa tecnica normativa utilizzata: artt. 10, comma 4, d.l. n. 9/2020 (Zona Rossa limitata) e 83, commi 2 e 8, d.l. n. 18/2020 (Zona Rossa nazionale);

–      Forza maggiore:

in tema contrattuale, la causa di forza maggiore opera quale condizione assolutoria dell’inadempimento contrattuale nel momento in cui la sinallagmaticità e la corrispettività delle prestazioni contrattuali vengono meno in virtù di eventi straordinari ed imprevedibili. Infatti, in tali casi viene a generarsi uno squilibrio delle forze all’interno del rapporto di obbligazioni tali da determinarne pertanto l’impossibilità di esecuzione. La sopraggiunta impossibilità di adempiere alla prestazione contrattuale, per causa non imputabile al debitore, è disciplinata dall’art. 1256 c.c., che sancisce la risoluzione del contratto ove l’impossibilità di dare seguito alla prestazione in esso prevista sia determinata da una causa – anche temporanea – straordinaria, imprevedibile e non addebitabile al debitore. Ed ancora, circa le circostanze che integrano la ricorrenza di forza maggiore, il nostro ordinamento fa riferimento a concetti alquanto generali, identificando sostanzialmente la forza maggiore con una forza esterna, o con fatti umani di terzi, o del principio che siano ostativi in modo assoluto alla esecuzione della prestazione dovuta. Tali eventi esterni debbono altresì essere imprevedibili al momento della conclusione del contratto e sopraggiungere quando il debitore non sia già in mora.

Nelle concrete circostanze derivate dall’emergenza Covid-19 i presupposti di operatività della causa di forza maggiore sono la straordinarietà e imprevedibilità dell’evento esterno alla sfera di azione delle parti, nonché la non riconducibilità dello stesso alla figura del debitore. Di conseguenza, ragionando in termini di prospettiva futura, una volta superata l’emergenza sanitaria, si auspica che i giudici possano valutare l’azione dei condomini assenti e dissenzienti anche alla luce di un’interpretazione estesa del generale principio della forza maggiore, e, di conseguenza, che avvalorino maggiormente la rimessione in termini.

RIFERIMENTI NORMATIVI

  • 1137 c.c.;
  • l. n. 18/2020;
  • l. n. 9/2020;
  • 1130 c.c.;
  • 9, co. 2 lett. f) Regolamento UE 679/2016;
  • 1218 c.c.;
  • 1223 c.c.;
  • 103 co.6 d.l. n. 18/2020;
  • 1137 c.c.;
  • 10 co. 4 d.l. n. 9/2020;
  • Art 83 co. 2 e 8 d.l. n. 18/2020;
  • 1256 c.c.

 



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