
Caduta su rampa condominiale: il Condominio non è sempre responsabile.
Caduta su rampa condominiale: il Condominio non è sempre responsabile.
Cassazione Civile, Sez. III, sentenza 27-03-2020, n. 7580.
Spesso accade di scivolare e cadere mentre si percorre una strada pubblica o privata, una scala di un edificio o di una piazza, piuttosto che una rampa, ecc.. Or bene, indagare in merito alla causa della caduta è prassi consueta. Pertanto, tale ricerca ove conducesse alla scoperta di una cattiva manutenzione della strada, della scalinata in sé, della pavimentazione, inevitabilmente comporterà una responsabilità a carico del “custode”/ proprietario, insomma quella che nel gergo giuridico viene conosciuta come “danno da insidia e trabocchetto”. Di tal guisa, quando si tratta di bene condominiale sarà il Condominio a dover sicuramente rispondere. Ma è sempre così?
La Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi sulla responsabilità del Condominio per la caduta in danno di una condòmina scivolata mentre scendeva attraverso la rampa condominiale, è intervenuta sul punto con una importante pronuncia che ha delineato e riempito di contenuto il fondamentale binomio normativo ex Art. 1117 Cod. civ e Art. 2051 Cod. civ., escludendo l’addebito in capo al Condominio per eventi dannosi conseguenti a cadute rovinose la cui causa è unicamente riconducibile alla temerarietà del danneggiato.
Il caso prende vita nelle aule del Tribunale di Avellino, allorquando una condòmina, nel percorrere in discesa la rampa condominiale – che dava ingresso al piano interrato dello stabile – improvvisamente scivolava per poi cadere, riportando gravi lesioni alla gamba destra. Suddette lesioni, benché guarite, cagionavano effetti permanenti sulle facoltà deambulatorie in danno alla stessa. Di tal che, la “sinistrata” condòmina, nel 2008, conveniva in giudizio il Condominio adducendo di aver subìto un grave danno causato da cattiva custodia della rampa e, pertanto, chiedeva l’accertarsi della responsabilità in capo allo stesso – ex art. 2051 Cod. civ. – nonché pedissequa condanna al risarcimento danni.
Il Condominio, convenuto, nel costituirsi chiedeva il rigettarsi in toto della domanda così formulata, motivando l’infondatezza della stessa sulla base di “assenza del nesso di causalità” tra la cosa in custodia (rampa) e l’evento dannoso (caduta e lesioni), se non altro per il fatto che la rampa nella sua struttura non presentava profili di oggettiva pericolosità. Tra l’altro, nemmeno l’acqua avrebbe potuto stagnarsi in virtù della presenza di uno scolo per le acque piovane nonché scanalature per il deflusso delle stesse; inoltre, la pavimentazione in cemento della rampa era equipollente alla classica cura antiscivolo.
Ancora, il Condominio evidenziava che la rampa era dotata di stabile corrimano il cui utilizzo corretto era a presidio di qualsiasi caduta, ragion per cui riteneva unica responsabile la stessa attrice/danneggiata che avrebbe, con la propria imprudenza, causato la caduta e, addirittura, aggiungeva che la causa poteva essere ricondotta anche alle abbondanti piogge di quella sera sostanziando, appunto, un caso fortuito. In considerazione di quest’ultima ipotesi, chiamava in garanzia l’impresa assicuratrice.
Si costituiva anche la compagnia assicuratrice chiedendo il rigetto della domanda principale e di garanzia.
Il Tribunale adìto, si pronunciava per il non accoglimento della domanda con sentenza n. 1593/2013, confermando quanto eccepito dal convenuto Condominio e, quindi, rimarcando l’assenza di nesso di causalità tra cosa e evento dannoso.
Veniva, quindi, impugnata la decisione prime cure davanti alla Corte di Appello di Napoli. La corte adìta, pronunciando sentenza n. 706 del 15 febbraio 2017, a sua volta confermava la decisione di primo grado in parte, riformulando solamente la sezione relativa alle spese di lite poste a carico della ricorrente. Tant’è che non ritenne assolutamente provato da parte attrice che il sinistro era avvenuto a causa della struttura della pericolosità ex se della rampa. Anche la circostanza che – a detta della attrice – il corrimano fosse instabile veniva smentita, così come la “fortuita” presenza di acqua che avrebbe reso scivolosa la superficie della rampa in questione. L’unica probabilità ritenuta valida ai fini dell’accaduto, secondo la Corte, era la condotta inappropriata dell’attrice che non aveva usato diligentemente il corrimano, cagionandosi la rovinosa caduta.
Tuttavia, avverso tale sentenza, veniva proposto ricorso in Cassazione. La Suprema Corte pronunciatasi con Sentenza n. 7580/2020 , ha ritenuto corretto il richiamo da parte della Corte di Appello del principio secondo cui la cosa in custodia non opera sul piano oggettivo della presunzione ex art. 2051 Cod. Civ. se nella realizzazione di quell’evento “dannoso” è imprescindibile l’agire umano. Per cui, rigettava i primi tre motivi, cassava la sentenza impugnata, e dichiarava tardivi gli appelli incidentali del Condominio e della compagnia assicuratrice, annullando la condanna alle spese della ricorrente in favore di queste ultime. Compensava, dunque, tutte le spese dei diversi gradi.
Gli aspetti messi in rilievo dalla pronuncia in auge possono essere accomunati nelle poche righe che seguono.
Di piana evidenza è il richiamo, da parte della Corte di Cassazione, del criterio della “autonoma idoneità causale” di un fattore esterno e avulso – quale è appunto il comportamento incosciente ed irresponsabile del soggetto – rispetto alla pericolosità intrinseca della “cosa”. In altre parole, tanto più la pericolosità di una condotta esterna è superabile con la normale e ordinaria cautela, tanto maggiormente fondamentale sarà la sua idoneità causale ai fini della realizzazione dell’evento dannoso. Ecco che il nesso eziologico tra cosa e danno, ai fini della presunzione ex art. 2051 c.c., verrà all’uopo valutata in base a due criteri: quello della potenzialità pericolosa dello stato dei luoghi e quello della incisività del comportamento imprudente del danneggiato.
In proposito la Corte, rilevando quale factum principis proprio l’irresponsabilità della condotta del danneggiato, ha escluso l’incombenza in capo al Condominio/custode.
Concludendo, ai fini del dinamismo causale di cui all’art. 2051 c.c. l’agire umano rispetto alla cosa non deve risultare presupposto imprescindibile alla realizzazione dell’evento dannoso. Come nel caso di specie: se la sfortunata condòmina avesse usato correttamente il corrimano, nessuna caduta si sarebbe mai prodotta. Or dunque, ai fini probatori al danneggiato competerà la dimostrazione della pericolosità o della subdola natura della cosa stessa, tenuto conto che un atteggiamento imprudente farà venir meno il nesso eziologico tra la cosa in custodia e l’evento dannoso, ergo la presunta responsabilità oggettiva (art.2051 c.c.) rispetto alla quale il Condominio soggiace in quanto custode ex art. 1117 Cod.civ.